La supply chain patisce da ormai un po’ di tempo e la tendenza non sembra placarsi nel breve periodo. Le conseguenze di questo stress continuano e intaccheranno anche le festività natalizie di molti settori, moda compresa, come conferma un articolo di Vogue Business. Porti intasati, carenza di materie prime, carenza di manodopera, lunghissimi tempi di percorrenza. Senza contare che in la variante Delta ha portato alla chiusura di fabbriche tra maggio e agosto nei paesi che custodiscono gran parte della lavorazione dei capi di abbigliamento: Vietnam, Cambogia, Indonesia, Malesia e due importanti porti in Cina.
Materie prime e prezzi in crescita
Primo fra tutti il cotone che ad agosto, registrava per la variante “cotone grezzo” un +18% rispetto alla media del 2020, mentre a luglio i prezzi medi dei filati di cotone erano del 23% superiori ai livelli del 2019. Ma anche i prezzi del trasporto marittimo hanno raggiunto picchi inattesi: i costi di spedizione sulle rotte dall’Asia agli Stati Uniti e dall’Asia all’Europa che sono aumentati di dieci volte dal 2019. Un andamento che non è destinato a scendere per lo meno fino al 2022, secondo Kathryn Parker, analista azionario di Jefferies.
Il punto dell’articolo comparso su Vogue Business è che l’approvvigionamento è così globalizzato che ogni minimo cedimento della catena si ripercuote su ogni interlocutore, nessuno risparmiato. E così anche i grandi brand di lusso come il gruppo Kering che “elenca India, Italia, Turchia, Egitto, Pakistan, Stati Uniti, Indonesia, Camerun e Brasile, tra molti altri paesi, come fornitori di cotone di livello 3 e 4”.
Meno scelta in negozio?
Cosa comporterà tutto questo per il settore della moda del lusso? Sicuramente non che ci saranno degli spazi vuoti ma forse meno scelta. Molti retailer, conferma Vogue business, sono stati cauti nelle loro decisioni, acquistando leggermente di più ma con meno scelte. Ma nonostante gli acquisti massicci, non tutte le scorte sono arrivate. Il risultato? Poca scelta e poco stock. Con Natale vicino, la situazione si fa pericolosa e il settore sta cercando di trovare una soluzione. La carenza di scorte è sicuramente qualcosa che vedremo nei prossimi sei mesi.
Previsioni accurate cercasi
I retailer per combattere questa incertezza stanno anticipando gli ordini, estendendo i tempi di consegna e passando al trasporto aereo quando possibile. I marchi si trovano nella condizione di capire cosa deve andare, dove deve andare con largo anticipo. Ma non tutto si può controllare. Blocchi, nuove ondate di coronavirus, conseguenze dirette del cambiamento climatico, la lista è molto lunga così come quella dei rischi futuri che il settore dovrà affrontare.
Le chiusure in Vietnam
Marchi e rivenditori stanno spostando i loro ordini di acquisto, posizioni e prospettive finanziarie dopo che gli scoppi di COVID-19 hanno portato a estesi blocchi in Vietnam. Mentre alcuni rivenditori sono stati in grado di trovare fornitori alternativi, molti hanno affermato che le consegne ritardate dei prodotti avrebbero comportato una perdita di vendite. I problemi in Vietnam stanno aggravando i problemi precedenti nella catena di approvvigionamento delle importazioni ma alcune aziende sono state in grado di spostare la produzione al di fuori del Vietnam per evitare ritardi nella consegna dei prodotti. In un articolo comparso su Supply chain dive Sheng Lu, professore associato presso il dipartimento di studi sulla moda e sull’abbigliamento dell’Università del Delaware, ha affermato che ci sono tre fattori che possono influenzare le strategie scelte dalle aziende per mitigare i blocchi:
- Il grado di diversificazione della base di approvvigionamento di un’azienda.
- Il numero di categorie di prodotti e SKU trasportati da un marchio.
- Il prezzo al quale un’azienda vende i propri prodotti.
Secondo Lu, non si tratterebbe solo di ridurre l’esposizione in Asia ma come migliorare la flessibilità nella supply chain.