Il problema che sta affliggendo la filiera della componentistica automotive si aggrava di settimana in settimana. Anche i governi stanno entrando in gioco per cercare, quanto possibile, di svincolarsi dalla dipendenza delle produzioni asiatiche. Nello specifico, Stati Uniti e Unione Europea, stanno cercando di capire come ridurre l’impatto negativo che la carenza dei microprocessori sta registrando soprattutto quello delle auto.
Perché mancano chip?
Partiamo dall’inizio. Fondamentale da sapere è che il costo delle apparecchiature per fabbricare semiconduttori raddoppia ogni quattro anni, e le aziende si sono trovate, nel tempo, ad affrontare due principali problemi: l’aumento sia degli investimenti per la ricerca e lo sviluppo, sia quello dei costi della produzione. Fino ad ora a mantenere in equilibrio questa situazione ci ha sempre pensato la produzione su scala di componenti da parte delle fabbriche taiwanesi (proprio qui viene ospitato il 67% del volume globale di microprocessori). Da qui si spiega come l’Occidente sia sempre stato dipendente dalla produzione conto terzi e perché oggi ci troviamo in questa situazione.
La richiesta di prodotti elettronici di consumo in crescita durante la pandemia ha concentrato la produzione su questo settore, lasciando indietro quella destinata all’automotive. questo spiega perché non appena la domanda di componenti per le auto è tornata a farsi sentire, non si è riuscito a tenere il ritmo delle richieste. A ciò si deve aggiungere anche la mancanza di container per il trasporto merci e di navi che normalmente partono solo quando il carico è completo. Ad oggi solo la Cina è in grado di garantire un carico e molte imbarcazioni si trovano bloccate in qualche porto impossibilitate a partire. Molte realtà automotive si sono trovate nella situazione di non poter produrre e di dover lasciare chiusi per giorni o settimane i propri stabilimenti.
Come si stanno muovendo USA e UE?
L’Unione Europea sta valutando la costruzione di una fonderia avanzata per produrre semiconduttori per ridurre la dipendenza da TSMC, la società di Taiwan, e vorrebbe creare un’alleanza tra le aziende di semiconduttori coinvolgendo anche i produttori di automobili e le compagnie di telecomunicazioni. Un progetto ambizioso del valore di trenta miliardi tra pubblico e privato che al momento sembra aver convinto una ventina di Paesi. Ma è ancora tutto in fase di definizione. L’unica certezza è che sarà necessario riportare la produzione entro i confini europei puntano su alleanze tra produttori, fornitori e clienti. Anche negli Stati Uniti, si sta cercando di incentivare la produzione locale attraverso colloqui con case automobilistiche e produttori di semiconduttori. La stessa amministrazione Biden si è già messa al lavoro alla ricerca di misure a breve e a lungo termine su finanziamenti e incentivi per produzione, ricerca e sviluppo. La Semiconductor Industry Association, guidata dai Ibm, Qualcomm e Intel, ha inviato una lettera al nuovo presidente chiedendogli di destinare fondi federali per favorire la ricerca e la realizzazione dei semiconduttori elettronici.