Prezzi gonfiati, carenza di materie prime e tempi di consegna estesi: sono solo alcuni dei problemi che i team di approvvigionamento si trovano ad affrontare in questo momento.
Una situazione aggravata da un lato dal conflitto Russia-Ucraina, che ha prodotto uno shock negativo per la crescita globale; dall’altro dai nuovi lockdown in Cina, conseguenti all’aumento dei contagi, che hanno generato timori sia di nuove interruzioni delle catene di approvvigionamento che di nuove strozzature nella logistica.
Secondo i dati riportati da S&P Global, a marzo il manifatturiero in Italia si è indebolito, portandosi sui minimi dal gennaio del 2021. L’indice Pmi (Purchasing Managers Index) si è attestato a 55,8 punti, in netto calo da 58,3 punti di febbraio.
Questi dati sono stati collegati alla diffusa carenza di materiale, che inoltre ha rispecchiato l’ennesimo forte peggioramento dei tempi medi di consegna dei fornitori.
Secondo quanto riporta un comunicato, i problemi con la catena di distribuzione hanno inoltre avuto un impatto sui nuovi ordini, che a marzo sono aumentati al tasso più debole in 15 mesi. A detta delle aziende campione, l’incertezza scaturita dalla guerra in Ucraina ha ridotto la domanda. Tuttavia, l’espansione del volume dei nuovi ordini ricevuti è rimasta elevata se paragonata agli standard storici.
Intanto si intensifica ancora di più la pressione sui costi. I prezzi di acquisto sono aumentati per il ventunesimo mese consecutivo, con l’aumento di marzo che è stato il più veloce da dicembre scorso e in generale rapido. Le aziende campione hanno attribuito l’ultima tornata di inflazione all’aumento dei costi delle materie prime, dei trasporti, delle utenze energetiche, ai problemi sulla fornitura e al conflitto in Ucraina.
Stando ai dati Pmi, la crisi di approvvigionamento di marzo nel settore manifatturiero italiano “si è manifestata anche in una pressione più intensa dell’inflazione”, ha commentato Lewis Cooper, economista di S&P Global.
I prezzi di acquisto “sono saliti al tasso più veloce in tre mesi a causa dell’aumento del costo dei materiali, del trasporto, delle utenze energetiche, dei problemi sulla fornitura e della guerra in Ucraina”. Di conseguenza, ha continuato Cooper, “le aziende hanno aumentato i prezzi di vendita toccando un valore record per la seconda volta nella storia dell’indagine”.
Guardando al futuro, le aziende si ritengono ottimiste riguardo all’attività dei prossimi 12 mesi. Le previsioni positive sono state largamente collegate alla forte domanda da parte dei clienti. Tuttavia, “la pressione inflazionistica e le incertezze geopolitiche hanno ostacolato pesantemente le previsioni, che a marzo si sono ridotte al livello minimo in due anni”, ha concluso Cooper.