Il procurement oggi deve includere la sostenibilità. Punto. Non ci sono se e non ci sono ma: e non siamo solo noi a crederla così. Un recente report pubblicato sulla piattaforma Procurious in collaborazione con Ivalua sottolinea come a volerlo non siano solo i clienti e i dipendenti stessi, ma anche gli investitori. Il motivo? Per il grande impatto e la portata che, anche a livello globale, un procurement sostenibile porterebbe con sé. Ma questo, come conferma Procurious, non significa che sia qualcosa di facilmente applicabile, al contrario, richiede lavoro e impegno. Benché molti team siano “avanti” in questo senso, altri non ne hanno ancora scoperto il pieno potenziale e si stanno solo ora apprestando a capirne le leggi che lo governano.
In sostanza, si deve lavorare sul margine di miglioramento: ecco da dove partire.
Fare acquisti sostenibili è la nuova direzione
Le aziende devono iniziare a smettere di fare compromessi. Non si dovrà più pensare al costo della sostenibilità: il ritorno sociale e aziendale che include miglioramenti della reputazione del marchio, aumento delle vendite e riduzione del rischio, supera di gran lunga i costi incrementali. questo perché l’obiettivo di una supply chain sostenibile e di pratiche aziendali affini devono avere un impatto positivo sull’ambiente e sulla società, ancor prima di creare dei benefici in termini di guadagno per l’azienda. Un modo per cominciare nella giusta direzione è quella di puntare alla collaborazione con i fornitori, monitorando e coinvolgendo tutta la base di fornitura.
Adozione e maturità dei livelli di sostenibilità sono ancora bassi
Grazie al campione di 470 professionisti a livello globale, è stato possibile comprendere i livelli di maturità, le migliori pratiche e le motivazioni per un procurement sostenibile. Ma soprattutto si è evidenziato come quelle aziende con programmi di sostenibilità abbiano realizzato un ROI maggiore su tutta la linea e che si traduce in costi inferiori, aumento delle vendite, livelli più elevati di innovazione, riduzione del rischio della catena di approvvigionamento ecc.
Ciò nonostante l’adozione e i progressi di pratiche green non sono ancora così comuni e ampiamente applicate, ecco alcuni dati:
- 23% non ha ancora avviato o investito nella sostenibilità della catena di fornitura
- 39% dice di aver appena iniziato
- 22% dichiara di avere un programma stabilito (monitorano attivamente le prestazioni di sostenibilità per la maggior parte dei fornitori strategici)
- 15% dichiara di avere un programma avanzato (monitorano e collaborano attivamente con i fornitori per migliorare le prestazioni e aumentare l’impatto)
Il 62% non ha ancora investito nella sostenibilità della supply chain
Per iniziare questo percorso dovrebbero partire dal monitoraggio e coinvolgimento dei fornitori. Aumentare la visibilità e il coinvolgimento della base di fornitura sono i primi passi fondamentali nella costruzione di una catena di fornitura sostenibile. Ma solo il 15% delle organizzazioni intervistate sta monitorando le prestazioni di sostenibilità per oltre il 75% dei propri fornitori di primo livello.
Gli acquisti non possono fissare obiettivi, identificare le lacune e mettere in atto piani di miglioramento se mancano di visibilità. Anche le carenze di visibilità influiscono sul coinvolgimento dei fornitori.
Le sfide legate alla visibilità e al coinvolgimento crescono man mano che si va più in profondità nella catena. Dal report si evince come il campione monitori le prestazioni di sostenibilità di meno del 5% dei fornitori secondari.
Il cambiamento è necessario
Procurious e Ivalua hanno evidenziato tre principali strategie che hanno avuto un impatto misurabile e significativo sulle prestazioni di sostenibilità negli ultimi dodici mesi:
- Aumentare il peso dei criteri di sostenibilità nelle decisioni di selezione dei fornitori (45%)
- Adeguamento dei KPI del procurement per attribuire maggiore peso alla sostenibilità (42%)
- Sfruttare la tecnologia per monitorare i rischi di sostenibilità (32%)
Eppure, le aziende con programmi avanzati hanno mostrato un approccio leggermente diverso:
- collaborazione diretta con i fornitori
- sfruttare la tecnologia per monitorare il rischio ( qui al secondo posto, rispetto al quarto del gruppo precedente)
- incaricare i fornitori stessi di fare valutazioni complete di sostenibilità
Cosa imparare da tutto questo? Non c’è allineamento tra strategie attuali e attuazione effettiva. Per esempio:
Il 50% crede che incorporare i KPI di sostenibilità nelle revisioni delle prestazioni dei dipendenti migliorerebbe le prestazioni e l’impatto ma solo il 33% lo fa oggi.
Il ruolo della tecnologia nella sostenibilità
- 52% ha affermato che la tecnologia aiuta a migliorare la condivisione delle informazioni e la comunicazione con fornitori e parti interessate
- 50% ha affermato che la tecnologia aiuta a migliorare l’accesso a certificazioni e punteggi di sostenibilità di terze parti durante la selezione o la valutazione dei fornitori
- 50% ha affermato che la tecnologia aiuta ad automatizzare il monitoraggio delle prestazioni dei fornitori rispetto agli obiettivi di sostenibilità
- 40% ha affermato che la tecnologia aiuta a migliorare la visibilità e quantificare i costi e i benefici
- 34% ha affermato che la tecnologia aiuta ad automatizzare l’analisi degli scenari di approvvigionamento per ottimizzare la sostenibilità rispetto ad altri obiettivi
- 30% ha affermato che la tecnologia aiuta a scoprire nuovi fornitori con una forte performance di sostenibilità
A qualsiasi livello e grado sia la sostenibilità nei processi di procurement e supply chain, il momento di avanzare ed elevare il programma è adesso.