Il settore dell’aviazione civile a causa della pandemia e della guerra in Ucraina ha subito una forte contrazione. Continui lockdown e contese geopolitiche hanno limitato fortemente la possibilità di approvvigionamento dei beni e determinato ingenti perdite per molte compagnie.
In un momento ancora di forte incertezza, l’azienda multinazionale Airbus, che ha sede in Francia ed è il primo produttore di aerei civili al mondo per numero di consegne – davanti alla statunitense Boeing dal 2019 – ha deciso di aumentare la produzione.
L’aumento fornisce speranza riguardo la ripresa, ma rischia di essere un azzardo alla luce di una crisi ancora non terminata e di un periodo di forte incertezza.
Il settore dell’aviazione, inoltre, è tra quelli a più alto consumo energetico e la stessa Airbus per limitare l’impatto ambientale sta puntando anche all’idrogeno.
Airbus aumenta la produzione
L’aumento della produzione deciso da Airbus è uno dei segnali più forti della ripresa del settore, dopo una forte contrazione legata alla pandemia e la crisi di diverse compagnie low-cost tra cui RyanAir e EasyJet.
La decisione risponde alle necessità di rinnovamento delle flotte per le compagnie aree e segue un clima di generale ripresa. L’azienda europea ritiene possibile un aumento complessivo del 50% entro il 2025, con 75 aerei al mese. Già dalla prossima estate prevede di arrivare a una produzione di 65.
John Plueger, amministratore delegato del locatore di aeromobili Air Lease e uno dei più grandi clienti Airbus, ha detto al Financial Times in una recente intervista che potrebbe esserci un “significant risk going to 75 a month despite the demand”.
Il nodo supply chain e le difficoltà di approvvigionamento
Dominik Asam, chief financial officer di Airbus, ancora sulle pagine del Financial Times ha ammesso che ad oggi c’è un’enorme pressione sulla supply chain. CFM International, la joint venture tra Safran e GE Aviation, fornisce motori sia per il programma A320 di Airbus che per i 737 Max di Boeing. Nel caso anche Boeing dovesse decidere nel prossimo futuro di aumentare la produzione, l’aumento della produzione di motori potrebbe non stare dietro la domanda di velivoli.
Se l’aumento della produzione da un lato offre un segnale incoraggiante, dall’altro pone quindi dei rischi dal punto di vista della supply chain, soggetta a un test importante. Quella che Airbus ha di fronte è una sfida industriale e logistica significativa. Ogni aeromobile Airbus è composto da circa 3 milioni di parti e l’azienda ne riceve più di 1,7 milioni ogni giorno per il suo comparto civile presso i suoi stabilimenti in tutto il mondo, da circa 3,000 fornitori. In una situazione in cui il settore è ancora in fase di superamento della crisi, dovuta all’interruzione delle forniture dei beni e all’aumento dell’inflazione, aumentare la produzione è certo una scelta rischiosa.
I rischi riguardano quindi l’incertezza della pandemia e della situazione geopolitica attuale, dai risvolti economici. C’è preoccupazioni per la disponibilità di materie prime come il titanio, di cui la Russia è grande fornitrice. Airbus sta cercando di fare pressione all’Occidente per limitare le sanzioni almeno per questo materiale strategico. Per il colosso europeo esiste un doppio rischio legato al titanio: quello di nuove sanzioni, che porterebbero a uno shortage di materie prime nel medio periodo, e quello reputazionale se dovesse continuare il rapporto privilegiato con la Russia (che fornisce quasi il 50% del titanio di cui Airbus ha bisogno).
La via della sostenibilità
L’aumento della produzione richiederà di porre maggiore attenzione anche all’aumento della domanda di nuovi aerei più efficienti dal punto di vista energetico da parte delle compagnie aeree, a cui è richiesto di ridurre le emissioni di carbonio, garantendo al contempo la consegna per migliaia di fornitori.
A questo proposito proprio Aribus, dopo aver iniziato una partnership con Qantas per lavorare alla produzione di aerei alimentati a SAF (sustainable aviation fuel) ha firmato un memorandum di intesa con Linde per lo sviluppo di infrastrutture per l’idrogeno negli aeroporti. L’accordo comprende tutte le fasi, dalla produzione allo stoccaggio fino ad arrivare alle modalità di rifornimento a terra degli aerei. L’obiettivo di Airbus è quello di emettere sul mercato il primo aereo commerciale a zero emissioni nel 2035, alimentato ad idrogeno da energia rinnovabile. I primi test inizieranno già nel 2023.
Oltre a lavorare sull’idrogeno Airbus ha una partnership con l’aereoporto di Monaco di Baviera per la progettazione di velivoli elettrici a decollo e atterraggio verticale (eVTOL) chiamato CityAirbus NextGen. Ma nell’attesa della realizzazione di questi progetti visionari e necessari, i nodi da sciogliere riguardo l’aumento di produzione e possibili problemi della supply chain rimangono, vedremo se i colossi dell’aviazione civile saranno in grado di evitare i rischi.