Posted On 27 Settembre 2021 By In Sostenibilità With 656 Views

ESG e supply chain, un binomio che si consolida

Le metriche ambientali, sociali e di governance stanno prendendo sempre più piede all’interno della supply chain e le aziende di ogni settore e tipologia devono dimostrare di essere virtuosi e di impegnarsi. Ora più che mai non ci si può tirare indietro e si dovrà gestire la propria catena secondo i fattori ESG: un approccio integrato tra strategia, processo, tecnologia e dati ESG che garantisca l’allineamento in tutta l’organizzazione.

In un recente sondaggio di IHS Markit, condotto nel 2021 su un campione di leader della catena di approvvigionamento, si rivela come vi sia un divario tra l’adozione e l’effettiva capacità di eseguire una strategia ESG. Il 51% infatti conferma di possedere una strategia matura ma solo il 36% ha accesso alla tecnologia e ai dati necessari per metterla in pratica. Questi risultati chiariscono come ESG e supply chain sono ancora lontani dall’essere una cosa unica.

L’impronta ESG estesa di un’organizzazione può crescere in modo esponenziale in termini di dimensioni, portata e complessità. Ciò rende il guasto ad un certo punto quasi impossibile da evitare. Le aziende infatti diventano sempre più responsabili non solo delle proprie azioni ma anche di quelle dei propri fornitori e via dicendo. Sempre nel 2021 però IHS Markit aveva condiviso i risultati di un’ulteriore report sulle priorità dei business ” Supply Chain Insights Global Survey”. Dalle interviste e dati raccolti era emersa una predilezione per spend analytics, category management e supply chain risk management a discapito proprio dei fattori ESG. Considerarli come “poco” prioritari potrebbe significare per l’azienda costi elevati e danni reputazionali che potrebbero cancellare i passi in avanti effettuati nell’ambito dell’ottimizzazione dei costi.

Negli ultimi anni le aziende hanno pensato a condividere i propri obiettivi sostenibili tra cui la spesa con fornitori diversi, la riduzione dell’impronta di carbonio e il modo in cui stanno aiutando le organizzazioni locali e di piccole dimensioni a prosperare. Per arrivare a un punto fermo dunque le organizzazioni hanno ampliato i team di ESG ma hanno riscontrato difficoltà nel dimostrare come il loro impatto e intento non siano mere pratiche di green washing ma soprattutto la difficoltà nel veicolare il raggiungimento di un obiettivo. I manager devono concentrarsi sull’ottenere le basi giuste, che riguardano la tecnologia, i processi e i dati. I CPO devono anche iniziare con l’essere realistici riguardo ai dati che devono raccogliere e assicurarsi che siano coerenti in tutto il sistema per garantire che possano essere effettuati confronti significativi.

Come si dovrebbero muovere le aziende allora? Sicuramente dovrebbero partire dall’applicazione di un approccio globale per identificare, valutare e monitorare continuamente la catena di approvvigionamento. “Considerare i dati ESG insieme ai requisiti di sicurezza informatica, privacy dei dati e conformità è essenziale per il successo dei moderni programmi di gestione del rischio di terze parti. È anche importante, in un momento di onboarding del fornitore e di valutazione periodica, intraprendere azioni per lavorare con i fornitori per rimediare alle carenze ESG proprio come rimediare a un rischio di sicurezza informatica”afferma IHS Markit.

 

 

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