Nel 2023 sembra quasi certo che il futuro dell’industria automobilistica possa e debba essere più verde. Le vendite di veicoli elettrici (EV) stanno crescendo rapidamente nei mercati chiave, tra cui Cina, Nord America ed Europa.
Ma anche se il futuro del settore sembra essere più verde, in alcuni punti rimane opaco. Questa opacità mina fondamentalmente il processo decisionale strategico nel contesto della transizione energetica. È necessaria maggiore trasparenza, il che richiede dati, analisi e competenze più approfondite sulla misurazione delle emissioni.
La provenienza dei materiali
I punti oscuri più evidenti per l’industria automobilistica riguardano la provenienza di alcuni dei materiali su cui si basano, come il cobalto, una parte vitale della chimica delle batterie agli ioni di litio. Circa il 70% dell’offerta mondiale proviene dalla Repubblica Democratica del Congo (RDC) e il paese vanta il 46% delle riserve accertate.
Il problema è che può essere difficile risalire all’origine del minerale non raffinato. Circa il 20% dell’offerta odierna della RDC proviene dal settore minerario artigianale informale (ASM), all’interno del quale sono documentate condizioni pericolose e dipendenza dal lavoro minorile. Nel corso del tempo, si prevede che le miniere più grandi aumenteranno di importanza dal 57% al 70% dell’offerta nel 2027, il che contribuirà a ridurre il ruolo di produzione oscillante dell’offerta ASM.
Questo è fonte di ansia per i produttori di batterie che vogliono dimostrare elevati standard ESG nella loro catena di fornitura. La difficoltà è aggravata dal fatto che il mercato della RDC è alquanto opaco, senza obblighi di informativa rispetto alle riserve e ai dettagli della produzione. Inoltre, una volta che il minerale è stato raffinato, è impossibile distinguere la fonte originale che può comportare sfruttamento o dinamiche legate alla guerra in atto da tempo, tra una miriade di gruppi armati. Non ci sono soluzioni rapide per i problemi, ma sono in corso varie iniziative per migliorare le condizioni nella catena di approvvigionamento del cobalto.
Le emissioni
L’incertezza per i produttori automobilistici non si ferma alla provenienza delle materie prime delle batterie, ma essi devono anche confrontarsi con il fenomeno in crescita della misurazione delle emissioni. Ciò vale per tutti i materiali nella catena di approvvigionamento e rimane rilevante per i veicoli con motore a combustione interna (ICE) e i nuovi veicoli elettrici.
Due esempi chiave sono l’acciaio e l’alluminio. I veicoli elettrici utilizzano circa 63 kg di alluminio in più rispetto alle controparti ICE, in gran parte a causa della spinta al design leggero per compensare il peso aggiuntivo della batteria. L’acciaio rimane importante per il mercato. Ad esempio, quando Tesla ha rilasciato il Modello 3, ha sorpreso alcuni commentatori riducendo l’alluminio e aumentando l’uso dell’acciaio rispetto al Modello S e al Modello X, soprattutto per abbassare il prezzo.
Tuttavia, i profili di emissione dei metalli variano enormemente da fonte a fonte. A livello globale, la produzione di una tonnellata di alluminio crea una media di 9,63 tonnellate di CO2 e l’industria nel suo complesso rappresenta circa 830 milioni di tonnellate di CO2 o il 2% delle emissioni globali. Ciò è in gran parte dovuto all’enorme bisogno di elettricità per la produzione di alluminio, e molte delle fonti più pulite sono quindi alimentate dall’energia idroelettrica. Una tonnellata di alluminio prodotta utilizzando l’energia idroelettrica potrebbe creare meno di due tonnellate di emissioni, secondo il CRU Emissions Analysis Tool, rispetto a più di diciannove create dal carbone.
Per l’acciaio vale un discorso simile. L’intensità media delle emissioni è stata di 1,89 tonnellate di CO2 per tonnellata di acciaio nel 2020 (7-9% delle emissioni globali), ma può variare da un minimo di circa 0,1 tonnellate per quello prodotto utilizzando rinnovabili, a più di quattro tonnellate per il materiale prodotto tradizionalmente. Non è sufficiente che le case automobilistiche investano in un futuro più verde: devono anche investire in uno più trasparente. Secondo Transport & Environment, nell’industria automobilistica lo Scope 3 può rappresentare fino al 98% delle emissioni totali e la necessità di trasparenza è comprensibile già solo da questo dato. Per motivi operativi, normativi e finanziari, le case automobilistiche devono quindi maneggiare dati di vasta portata, avere competenze e svolgere analisi micro e macro.
Nuovi anelli asiatici per la supply chain degli EV
Tra i mercati globali la Tailandia sta emergendo come anello cruciale per la supply chain delle batterie. Tra le case automobilistiche che si sono impegnate o hanno iniziato a produrre veicoli elettrici in Tailandia ci sono Mercedes-Benz, Toyota, Nissan, Honda e Auto Alliance, che produce veicoli Ford e Mazda. Le automobili e le tecnologie avanzate e di nuova generazione sono settori prioritari nei piani di sviluppo nazionale del paese e il governo ha offerto generosi incentivi e privilegi alle aziende che investono in veicoli elettrici e produzione nel Regno.
Dal lato aziendale, proprio Honda sta adottando la strategia di lavorare a più stretto contatto con i fornitori. Ha dichiarato che collaborerà con il produttore di batterie GS Yuasa investendo 434,1 miliardi di yen (circa 3,18 miliardi di dollari) per sviluppare e produrre in serie batterie agli ioni di litio per veicoli elettrici in Giappone e si sta muovendo per collaborare direttamente con Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. (TSMC)
Gli esempi e le incognite di questo settore strategico forniscono degli importanti insight sulle dinamiche di mercato globali e sulle strategie adottabili per essere sempre più compliant per gli obiettivi ESG e per assicurarsi la necessaria protezione verso possibili interruzioni e imprevisti. Trasparenza e consapevolezza devono necessariamente essere le bussole per raggiugere un livello di sostenibilità adeguata.