La crisi dei semiconduttori continua ormai da due anni. L’industria da circa 550 miliardi di dollari sta diventando sempre più importante nell’ottica della transizione ecologica e digitale internazionale. In molti risentono di un’offerta che non riesce a stare al passo con la domanda: le fabbriche di automobili, quelle di videogiochi e computer, di telefonia e quelle produttrici di server e apparecchiature informatiche. Le aziende cercano giornalmente, disperatamente, soluzioni per uscire da questa impasse che sembra senza fine. Con questo approfondimento cercheremo di capire perché e quanto è importante questo mercato, i motivi della crisi, quali sono i settori che più ne hanno risentito, le contromisure adottate dai governi e cosa ci aspetta in futuro.
I motivi della crisi
Dalla fine del 2020 una gravissima carenza di microchip ha colpito molti settori industriali e il problema principale è che la domanda supera di molto la capacità produttiva mondiale, e quindi l’offerta. Le fabbriche che fanno ampio uso di microprocessori hanno dovuto ridurre i turni o chiudere temporaneamente. La crisi ha motivazioni in parte economiche e in parte politiche; strutturali e congiunturali. Tutte le cause della discrepanza tra domanda e offerta sono spiegate chiaramente da un brief di Cassa Depositi e Prestiti.
Fattori strutturali
Le cause principali riguardando tre fattori strutturali:
- L’accelerazione della tecnologia 5G, la cui distribuzione è stata avviata nel 2019, che ha determinato un incremento significativo della domanda nell’ambito delle telecomunicazioni, della connettività dell’automobile e delle applicazioni industriali in funzione della transizione digitale globale
- Il processo di elettrificazione delle automobili, il cui contenuto di semiconduttori è sempre più elevato anche dal punto di vista delle infrastrutture necessarie allo sviluppo della mobilità elettrica, sempre più determinante nella transizione ecologica
- La crescente importanza dei chips nell’Internet of Things, con forte domanda nelle applicazioni dell’industria smart e delle case dove sempre più oggetti ed elettrodomestici necessitano di componenti tecnologiche tali da collegarli in rete
Fattori congiunturali
A quelli strutturali sono da aggiungersi tre fattori congiunturali:
- La pandemia, che ha causato un notevole aumento della domanda di tecnologia da un lato, e numerose interruzioni nelle catene di approvvigionamento e nella logistica influendo sulla disponibilità dei chip chiave necessari per la produzione di un’ampia fascia di prodotti, per cui è diventato più difficile radunare tutti i componenti necessari per la produzione, lavorarli e poi spedire il prodotto finito
- La siccità a Taiwan durante l’estate del 2021 è stata un altro fattore che ha contribuito in modo significativo, influendo direttamente sulla produzione per la mancanza di acqua pura disponibile, necessaria per pulire gli stabilimenti e per i wafer di silicio
- L’errore di valutazione dell’industria tecnologica che ha gestito il notevole incremento della domanda facendo ricorso prevalentemente alle scorte, decidendo in ritardo l’aumento di produzione a causa di un periodo di forte incertezza
Le tensioni geopolitiche
Infine, le ragioni della crisi si spiegano anche attraverso le tensioni commerciali e geopolitiche:
- Le tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti, già alte durante l’amministrazione Trump, che ha adottato restrizioni verso il maggior produttore di chip della Cina, Semiconductor Manufacturing International, hanno spostato la domanda verso TSMC e Samsung, i cui stabilimenti funzionavano già a pieno regime e non erano in grado di aumentare ulteriormente i ritmi di produzione; anche con Biden queste tensioni continuano, con l’isola di Taiwan sempre al centro della geopolitica del Pacifico e del confronto tra Stati Uniti e Cina. Gli Stati Uniti stanno spingendo i Paesi Bassi a vietare ad ASML di vendere alcuni dei suoi strumenti alla Cina e già le azioni del produttore olandese di apparecchiature per semiconduttori sono diminuite del 39% quest’anno.
- La guerra tra Russia, Ucraina e Nato è infine l’ultimo e più recente elemento che ha incrementato le difficoltà nella supply chain in quanto da un lato i chip sono parte dei beni oggetto di sanzioni da parte degli Stati Uniti, e dall’altro Russia e Ucraina sono fornitori di gas chimici come il C4F6 e il neon, fondamentali per i processi produttivi nella filiera dei semiconduttori. Prometeia in un report ha sottolineato che Mosca fornisce il 38% del palladio al mercato globale, mentre l’Ucraina garantisce il 60% del neon, fondamentale per i microchip, e al suo interno il Donbass conteso pesa per il 90%.
In una struttura come quella descritta sopra, che ha risentito di congiunture particolarmente sfortunate, tra crisi pandemica, fattori ambientali ed errori di valutazione, le tensioni commerciali e geopolitiche sono andate ad esacerbare una crisi già di per sé grave in una filiera produttiva caratterizzata da forte specializzazione, concentrazione della produzione e interdipendenza tra paesi produttori. La scarsità ha aumentato i prezzi e i costi energetici più elevati dell’ultimo periodo hanno innescato anche un sottodimensionamento produttivo degli impianti delle industrie energivore. Tuttavia, non tutti ne hanno risentito allo stesso modo.
Quali sono stati i settori più colpiti? Ne parleremo nel prossimo approfondimento dello speciale sui semiconduttori.
Fonti:
L. Tremolada, Il gas neon e l’impatto della guerra sulla produzione di microprocessori, Il Sole 24ore, 15 marzo 2022
La crisi dei semiconduttori. Cosa succede?, Cassa Depositi e Prestiti, 26 aprile 2022
Taiwan is facing a drought, and it has prioritized its computer chip business over farmers, The New York Times, April 2021
When the chips are down: How the semiconductor industry is dealing with a worldwide shortage, World Economic Forum,
US-China Relations in the Biden-Era: A Timeline, China Briefing, 29 August 2022