L’avvento del Covid ci ha messo nella condizione di dover ripensare le logiche della supply chain. Se fino a marzo 2020 tutto sembrava funzionare, con i blocchi, mancanza di scorte e rallentamenti vissuti nell’ultimo anno, sono molte le voci che fanno presagire che il modello just in time sia ormai vecchio e che sia necessario un approccio strategico più ampio. Fino a quando non si tornerà a un certo equilibrio tra domanda e offerta si dovrà trovare una soluzione al just in time e pensare che il concetto di scorta di sicurezza possa effettivamente, nel lungo termine, essere un beneficio e non un costo da sostenere.
La resilienza in un modo o nell’altro si dovrà raggiungere perché in caso contrario in gioco vi è la reputazione del marchio e la fedeltà dei consumatori stessi. Oltre ogni previsione e prevedibilità, il futuro della supply chain sarà diverso e la pandemia lo ha reso evidente.
Fonti alternative di forniture e scorte
Il mondo del manifatturiero è a un bivio, secondo Supply Chain dive, questo perché da un lato si palesa la recessione pandemica e dall’altro stanno affiorando opportunità di crescita e innovazione assolutamente da inglobare nel proprio universo aziendale. Quest’anno, di cui ci mancano ancora 6 mesi da vivere, sarà un mix di forze avverse: necessità di mitigare il rischio, incertezza continua e nuove opportunità all’orizzonte.
Le aziende hanno scoperto nell’ultimo anno e mezzo quanto possano essere fragili le operazioni just-in-time, con linee di approvvigionamento interrotte e altri problemi correlati. In questo senso un’idea per una nuova generazione di operazioni just-in-time potrebbe essere quella di aprirsi alla stampa 3D. Grazie a questo strumento si potrebbero evitare potenziali ritardi, stampando le parti direttamente nel sito dove sono necessarie. Tra i benefici riscontrati inoltre anche la riduzione dello stress sull’inventario delle aziende, dei costi della supply chain e della quantità di tempo necessaria per ottenere la parte, evitando la necessità di vincolare il capitale accumulando scorte nei magazzini.
Near shoring
La tendenza delle aziende è sempre stata quella di delocalizzare le proprie attività produttive, creando di conseguenza filiere molto lunghe, rigide e poco sensibili ai cambiamenti del mercato. Ma nel momento in cui il mercato ha iniziato a pretendere rapidità, le aziende hanno compreso che il reshoring/near shoring fosse una necessità.
In quest’ottica la stampa 3D ne sarebbe il fattore determinante proprio grazie alla velocità di sviluppo dei prodotti. Ma la stampa 3D potrebbe anche riattivare la filiera, risvegliandola dal suo torpore, e incidere sulla riduzione delle scorte. Presso i provider logistici, per esempio, sarebbe possibile produrre componenti on demand che hanno una richiesta sporadica e che in questo modo non rimarrebbero stipati in magazzino, creando ingenti volumi di merce inutilizzata.
Non tutti credono che il just-in-time abbia creato problemi durante la pandemia
Uno degli scopi principali di mantenere un inventario basso e fare affidamento sul just-in-time è sempre stato quello di trovare e risolvere i problemi più velocemente. Questo è il pensiero di Thomas Roemer, docente senior di gestione delle operazioni presso il Massachusetts Institute of Technology Sloan School of Management e direttore esecutivo del programma MIT Leaders for Global Operations.
L’esperto sostiene che i lunghi tempi di consegna e le catene non trasparenti come la delocalizzazione siano molto più responsabili delle carenze subite in pandemia rispetto al solo just-in-time. Sebbene l’outsourcing sia stato associato al just-in-time, non ne è una parte necessaria.
Sebbene le sue efficienze siano innegabili, l’attuale modalità di produzione ha sicuramente subito un duro colpo di reputazione a causa del coronavirus. Le aziende tradizionalmente si concentravano sull’ottimizzazione delle scorte, sfruttando l’approvvigionamento offshore e i processi just-in-time per ridurre i costi. Ma ora questo sembra non bastare più. La fragilità e l’incapacità di reindirizzare quando i fornitori chiave erano sotto pressione, in particolare quando i problemi si concentravano su un’area di produzione chiave, ha fatto sì che parte di quella velocità e agilità che ha sempre caratterizzato il just in time fosse persa. Anche i metodi standard di gestione del rischio non avrebbero potuto preparare le catene ad un’estrema volatilità come quella del Covid, ma la dipendenza da modelli JIT aggressivi ha chiaramente esposto le aziende a un calo drastico delle prestazioni.
Gestione del rischio in futuro
La crisi accelererà una maggiore trasparenza della catena di approvvigionamento, una maggiore continuità aziendale e pianificazione degli scenari e ci si concentrerà anche sulla tecnologia atta a ridurre il rischio. Si prevede infatti un picco nelle tecnologie della catena di approvvigionamento anche se i problemi non si risolveranno solo così. Molta attenzione sarà destinata a lavorare con i fornitori per ridurre i costi in altre aree e ridurre la criticità aziendale associata a un prodotto , servizio o fornitore. Il procurement farà questo attraverso lo smantellamento e la riprogettazione dettagliati di prodotti/servizi, fino all’introduzione di nuovi fornitori e strategie.