Posted On 7 Marzo 2023 By In News, Supply Chain With 54 Views

Sud-est asiatico: nuovo hub di approvvigionamento globale?

L’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (ASEAN), composta da 10 membri, è sempre più rilevante nella supply chain e potrebbe diventare il principale hub del futuro. I Paesi del blocco del sud-est asiatico sono sulla buona strada per prendere il posto della Cina, forti delle risorse di nichel e altri minerali chiave.

Il loro ruolo diventa progressivamente più rilevante soprattutto perché la Cina e le società cinesi, in particolare in settori critici come quello dei semiconduttori, stanno affrontando crescenti restrizioni imposte dai paesi occidentali nella sempre più marcata rivalità tra Washington e Pechino. Le tensioni hanno spinto giganti del settore come Apple, Google e Samsung a cercare nuovi territori favorevoli per la produzione al di fuori della Cina, in particolare in Vietnam. Anche Intel ha preso la decisione di spostare parte della produzione in Malesia.

Nuovi player rilevanti

La società di consulenza TMX Global ha dichiarato che il Pil combinato dell’ASEAN è stato di 3,62 trilioni di dollari lo scorso anno e i Paesi hanno continuato a crescere. Trainato dalle esportazioni e dalla domanda interna, si prevede che il PIL dell’ASEAN quadruplicherà nei prossimi due decenni secondo Dean Jones, direttore di TNX in Asia. L’Indonesia, la Thailandia e il Vietnam puntano a diventare attori chiave nella catena di approvvigionamento dei veicoli elettrici sfruttando le loro grandi riserve di nichel per attirare investimenti.

L’attrattiva del trasferimento delle fabbriche in un Paese come il Vietnam è, in gran parte, guidata dal costo del lavoro. Ma secondo il Washington Post la situazione nel Paese non è così stabile dal punto di vista delle catene di approvvigionamento (complice la crisi economica, l’inflazione e gli scioperi). La prospettiva di salari più bassi ha storicamente sostenuto i cambiamenti della tecnologia in alcune parti dell’Asia ma questo calcolo non è più così semplice. Nel frattempo, India (che non fa parte dell’ASEAN) e l’Indonesia stanno emergendo come alternative.

Ma sebbene il sud-est asiatico si stia ponendo – o sia spesso descritto – come rivale economico rispetto alla Cina per quanto riguarda le catene di approvvigionamento globali, le aziende della regione sono integrate e collaborano con Pechino. In questo senso la “fabbrica del mondo” non finirà di essere tale nel breve periodo.

Vere alternative alla Cina?

La Cina si sta lasciando alle spalle la fase media e bassa della produzione e secondo alcuni osservatori la maggior parte dei paesi dell’ASEAN potrebbe colmare il divario. Tuttavia, come detto, il ruolo di questi Paesi è più complementare che esclusivo rispetto alla produzione proveniente da Pechino, che guida ha il primato in 37 delle 44 tecnologie critiche, con le democrazie occidentali in ritardo nella corsa alle scoperte scientifiche e di ricerca, secondo un rapporto pubblicato dal think tank Australian Strategic Policy Institute all’inizio di questo mese.

Tecnologie che coprono un range cruciale, dal settore della difesa, sazio, robotica, energia, ambiente, biotecnologia, intelligenza artificiale, materiali quantici e altri. Questo determina una condizione di dipendenza dal colosso asiatico che difficilmente cambierà nel breve e nel medio periodo.

Più che nuovo hub, nuova globalizzazione

Pechino non sembra certo destinata a perdere la sua importanza strategica nel commercio mondiale. Le imprese saranno però sempre più costrette a disaccoppiare l’approvvigionamento selettivamente e alcuni settori avranno difficoltà più di altri nel reperimento delle materie prime in un contesto di nuova globalizzazione in cui il suo più grande garante, gli Stati Uniti, sta adottando politiche protezionistiche. Non ci sarà una nuova fabbrica del mondo per sostituire la Cina. Solo un nuovo modello di globalizzazione a cui abituarsi.

 

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