La World Trade Organization (WTO) ha pubblicato la quinta edizione del Global Value Chain Development Report, un’analisi approfondita su come le catene globali del valore (Global Value Chains, GVC) stiano cambiando rapidamente sotto la spinta di innovazione tecnologica, tensioni geopolitiche e pressioni ambientali.
In un contesto internazionale segnato da instabilità politica, nuove barriere commerciali e crisi climatiche, le GVC sono chiamate a dimostrare una resilienza senza precedenti. Il 2025, in particolare, è stato un anno di forte stress per il commercio globale, influenzato dalla guerra in Ucraina, dai dazi introdotti dall’amministrazione Trump negli Stati Uniti e da una crescente incertezza normativa.
Catene del valore sotto pressione
Negli ultimi due decenni le GVC hanno mostrato una notevole capacità di adattamento, ma le recenti turbolenze hanno messo in luce vulnerabilità strutturali. Il rapporto evidenzia come la partecipazione alle catene globali stia diminuendo, a causa di colli di bottiglia sistemici e interruzioni nelle forniture.
Una delle criticità principali è l’elevata concentrazione geografica: nel 2024 solo dieci economie rappresentavano il 53,5% del valore aggiunto domestico globale incorporato nelle esportazioni. La forte dipendenza da poli chiave come Cina, Unione Europea e Stati Uniti rende il sistema fragile, poiché shock localizzati possono avere effetti globali. Questo ha spinto molte imprese a rivedere le proprie strategie, puntando su diversificazione dei fornitori, regionalizzazione e, in alcuni casi, rilocalizzazione delle attività produttive.
Digitalizzazione e nuove strategie competitive
Secondo la WTO, la globalizzazione non sta scomparendo, ma si sta “riconfigurando”. Scambi e investimenti continuano a crescere, ma in aree più concentrate e tecnologicamente avanzate. Tecnologie emergenti come intelligenza artificiale, robotica avanzata e piattaforme digitali stanno riducendo i costi, aumentando la produttività e migliorando la capacità delle imprese di reagire alle crisi.
La digitalizzazione è diventata un fattore chiave di competitività: consente maggiore flessibilità operativa, riduce il lavoro manuale e migliora l’efficienza dei lavoratori. Tuttavia, non tutte le regioni partono dallo stesso livello. America Latina, Caraibi e Africa incontrano difficoltà non per mancanza di volontà di partecipare alle GVC, ma per limiti infrastrutturali e tecnologici.
Il divario di preparazione digitale
Il rapporto introduce il Global Value Chain Readiness Index (GVCRI), che valuta la preparazione dei Paesi su cinque dimensioni: tecnologia e connettività, commercio e investimenti, sostenibilità ed energia, contesto istituzionale e geopolitico, capacità finanziarie e imprenditoriali. I risultati mostrano chiaramente come America Latina e Africa siano in ritardo rispetto ad altre regioni.
In un’economia sempre più basata su automazione, dati e intelligenza artificiale, la mancanza di una solida infrastruttura digitale rischia di escludere intere aree dalle nuove catene del valore. Connettività, fiducia, apertura dei mercati e competenze umane diventano elementi essenziali per una trasformazione digitale efficace. Senza investimenti mirati in questi ambiti, l’integrazione nelle GVC sarà lenta e complessa.
Come sottolinea Børge Brende, Presidente e CEO del World Economic Forum, «l’economia globale sta affrontando uno dei periodi più turbolenti degli ultimi decenni, ma ci sono ancora ragioni per essere ottimisti. Nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale possono stimolare la produttività e una nuova crescita, proprio come il commercio ha fatto per le generazioni precedenti».
Pressioni normative e sostenibilità ambientale
Un altro tema centrale del rapporto riguarda la regolamentazione ambientale. Le GVC operano in sistemi nazionali e transfrontalieri, rendendo necessaria una governance ambientale coordinata. Nel 2023, secondo la WTO, le catene del valore domestiche erano responsabili del 73,4% delle emissioni legate alla produzione nelle economie avanzate e del 79,5% in quelle in via di sviluppo.
La frammentazione delle normative ambientali tra Paesi crea difficoltà di conformità e complessità nei meccanismi di aggiustamento alle frontiere, come le carbon tax. Tali misure possono aumentare i costi operativi e spingere alcune imprese a spostarsi verso aree con regolamentazioni più permissive, influenzando innovazione, investimenti e competitività. Politiche più armonizzate, invece, favorirebbero una transizione più ordinata verso modelli produttivi sostenibili.
Le conclusioni del rapporto
Il Global Value Chain Development Report conclude che le catene del valore frammentate e poco coordinate sono più esposte agli shock globali. Tuttavia, il rischio può essere mitigato attraverso nuove forme di connettività, cooperazione e allineamento delle politiche.
Anche se alcune imprese stanno ridimensionando la globalizzazione tradizionale, le strategie di localizzazione e regionalizzazione non rappresentano una chiusura, bensì un modo per costruire relazioni più solide e ridurre i rischi. Guardando al 2026, la WTO prevede la nascita di nuove partnership nelle catene di approvvigionamento, sostenute da politiche coordinate e da una maggiore collaborazione internazionale.
L’allineamento delle normative ambientali e l’investimento in infrastrutture digitali saranno elementi chiave per creare catene globali del valore più resilienti, efficienti e sostenibili, capaci di generare benefici per l’economia, le persone e il pianeta.

