Le supply chain del retail globale sono entrate in una fase di turbulenza costante. Dazi, guerre, conflitti regionali, attacchi informatici e l’impatto crescente del cambiamento climatico stanno ridisegnando i flussi commerciali, mettendo in difficoltà aziende e consumatori.
Un’analisi di Proxima, società di consulenza specializzata in procurement e supply chain (oggi parte di Bain & Company), evidenzia come il contesto geopolitico stia aumentando tempi di consegna, costi logistici e complessità operativa, esponendo i retailer a rischi senza precedenti.
La mappa globale dei rischi
Per fotografare lo scenario, Proxima si affida al Global Sourcing Risk Index, sviluppato con Oxford Economics, che valuta le principali economie e mercati emergenti su otto dimensioni di rischio:
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Conflitti geopolitici
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Cambiamenti climatici
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Governance e compliance
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Diritti umani
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Barriere commerciali
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Volatilità dei costi del lavoro
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Volatilità dei costi delle materie prime
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Concentrazione dei fornitori
Il quadro che emerge è netto: la geopolitica è oggi il fattore più destabilizzante. Secondo il Global Peace Index, il 2024 è stato il quarto anno consecutivo di peggioramento della pace globale, con la militarizzazione in crescita come principale driver.
A questo si aggiungono fattori eterogenei ma interconnessi: la guerra in Ucraina, il conflitto in Medio Oriente, le nuove barriere commerciali, le tensioni tariffarie degli Stati Uniti, l’ascesa dell’intelligenza artificiale accompagnata da rischi di cybersecurity e gli eventi climatici estremi che interrompono trasporti e forniture.
Dove i retailer sono più esposti
Tre mercati emergono come particolarmente problematici:
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Messico: hub strategico per le catene di fornitura di USA ed Europa, ma vulnerabile a furti di carico e all’inasprimento dei controlli di frontiera.
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Turchia: crocevia tra Oriente e Occidente, con vantaggi logistici evidenti ma esposta a instabilità politica, inflazione e rischi reputazionali.
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Russia: isolata da sanzioni e dal conflitto in Ucraina, rappresenta il contesto più ostile in termini di barriere legali e operative, tanto che molti retailer hanno abbandonato il mercato.
Il rischio si amplifica nei settori a forte concentrazione geografica, come tessile, calzature e beni di consumo, che dipendono in larga parte da fornitori in Cina, Turchia e India. Qui, una restrizione improvvisa può generare blocchi totali delle forniture.
In parallelo, i retailer devono far fronte a costi crescenti: premi assicurativi legati al rischio di guerra, deviazioni delle rotte marittime (come nel Mar Rosso), necessità di mantenere stock più elevati per garantire continuità. Tutto ciò erode i margini e rende più difficile restare competitivi.
Resilienza come strategia
Di fronte a queste sfide, la resilienza è diventata un pilastro imprescindibile delle supply chain. Le aziende non possono più basarsi su modelli statici e devono adottare un approccio flessibile, che bilanci tre variabili fondamentali: costo, velocità e robustezza operativa.
Secondo Simon Geale, EVP di Proxima, “I leader del procurement devono adottare un approccio a portafoglio, diversificando fornitori e rotte logistiche. Solo con dati solidi e strategie dinamiche è possibile proteggere margini, servizio e reputazione anche in un contesto di volatilità prolungata.”
Le leve principali sono:
- Multi-sourcing e regionalizzazione
Distribuire gli approvvigionamenti su più Paesi e regioni, riducendo la dipendenza da singoli hub e mitigando il rischio di blocchi improvvisi. - Digitalizzazione della supply chain
Investire in piattaforme dati integrate per monitorare compliance dei fornitori, tracciabilità e inventari. Questo consente di reagire in tempo reale e anticipare i colli di bottiglia. - Strategie di trasporto ibride
Combinare navi, aerei e trasporto terrestre, modulando tempi di consegna e costi a seconda delle circostanze. Il monitoraggio in tempo reale consente di limitare ritardi e contenere le spese logistiche. - Sostenibilità e decarbonizzazione
Integrare pratiche ESG non solo come obbligo normativo, ma come leva di resilienza: filiere più sostenibili sono anche più trasparenti e meno esposte a rischi reputazionali o normativi.
Guardando al futuro
Gli eventi degli ultimi anni – dal blocco del Canale di Suez al conflitto in Ucraina – hanno mostrato quanto fragili possano essere le catene di approvvigionamento globali. Per il retail, questo significa che la resilienza non è più un vantaggio competitivo, ma una condizione necessaria di sopravvivenza.
Le aziende che riusciranno a integrare diversificazione, digitalizzazione e sostenibilità nelle proprie strategie saranno in grado non solo di resistere alle crisi, ma anche di trasformarle in occasione di vantaggio competitivo.
In un mondo segnato da rischi sovrapposti e disruption continue, le supply chain del retail stanno diventando il vero banco di prova per la competitività globale.

