Mentre le supply chain europee affrontano oggi pressioni operative significative, come evidenziato dal GEP Global Supply Chain Volatility Index 2025, molte imprese stanno già guardando al futuro, investendo in digitalizzazione e sostenibilità per costruire reti più resilienti e competitive.
Negli ultimi anni, tra tensioni geopolitiche, costi energetici elevati e vincoli regolatori, le aziende UE hanno mantenuto un impegno costante verso la modernizzazione. Secondo il Rapporto 2025 della European Investment Bank (EIBIS) — basato su oltre 12.000 risposte tra aprile e luglio 2025 — il 92 % delle imprese realizza investimenti diretti per ridurre le emissioni di gas serra, mentre l’86 % continua a investire nonostante un contesto di forte incertezza.
Le leve della rivoluzione: green + digitale
Il dato chiave è che quasi tutte le imprese europee stanno adottando misure volte a decarbonizzare le proprie operazioni: non solo efficienza energetica, ma anche trasporti sostenibili, logistica green, uso di energie rinnovabili, riciclo e economia circolare.
Questo spinge le funzioni di procurement e supply chain a ripensare l’origine delle materie prime, la trasparenza dei fornitori e il monitoraggio delle emissioni indirette (Scope 3). Le aziende, in particolare le grandi, guardano anche alla resilienza climatica: ben il 68 % delle imprese UE ha dovuto sostenere costi (diretti o indiretti) legati a eventi climatici estremi.
Digitalizzazione come motore di efficienza e controllo
La spinta verde è accompagnata da una digitalizzazione sempre più intensa: le imprese UE adottano tecnologie come AI, automazione, big data e sistemi digitali per tracciare, ottimizzare e prevedere le dinamiche della supply chain. Il 2025 EIBIS segnala che il 37 % delle aziende europee ha già introdotto forme di AI generativa — in pratica alla pari con gli Stati Uniti (36 %).
Tuttavia, dove l’Europa sembra restare indietro è nella diversità d’uso: solo il 55 % delle aziende europee che utilizzano l’AI lo applicano in più di due ambiti (come marketing, risorse umane, processi interni), contro l’81 % delle aziende statunitensi.
Per le funzioni procurement e supply chain questo significa un’opportunità: sourcing predittivo, valutazione del rischio fornitore in tempo reale, automazione dei flussi di lavoro ordini, intelligenza di mercato, manutenzione predittiva per i trasporti, sistemi di tracciamento ambientale integrati.
Barriere sul cammino verso la supply chain del futuro
Nonostante l’impegno, molte aziende incontrano ostacoli non banali.
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Carenza di competenze: il 79 % delle imprese indica la mancanza di personale qualificato come un freno all’adozione di tecnologie avanzate.
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Costi dell’energia: il 75 % delle aziende cita gli alti costi energetici come fattore limitante, il che rende urgente l’adozione di tecnologie più efficienti e l’uso di fonti rinnovabili.
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Mercato interno frammentato: il 62 % delle imprese ritiene che il mercato UE sia ancora troppo disomogeneo, con barriere regolatorie e costi burocratici che rappresentano fino al 2 % del fatturato annuo per molte PMI.
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Incertezza regolatoria e sovraccarico normativo: mentre la Csddd spinge per maggiore trasparenza e standard ambientali, le recenti iniziative del Parlamento Europeo puntano ad attenuarne l’impatto, restringendo il numero di aziende obbligate a rispettarla e riducendo gli obblighi di reporting.
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Vincoli finanziari e mancanza di sostegno pubblico: solo il 16 % delle aziende che investono ricevono incentivi o finanziamenti agevolati, e di questi, il 41 % è destinato esclusivamente alla transizione verde.
Nel quadro europeo, semplificare la compliance normativa (specialmente per le Pmi) e potenziare il sostegno pubblico sono passaggi chiave per evitare che la transizione resti un onere riservato ai grandi.
Implicazioni per i leader della supply chain
Da quanto emerge, alcune direttrici strategiche diventano fondamentali per chi guida la trasformazione logistica nelle imprese:
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Integrare Esg nella governance della supply chain
La sostenibilità non può restare una “iniziativa” isolata: procurement, logistica, compliance e R&D devono dialogare per costruire roadmap di riduzione emissioni, piani di transizione e metriche shared (es. intensità carbonica per prodotto, tracciabilità upstream, percentuale di fornitori valutati). -
Potenziare capacità digitali interne ed esterne
Investire in competenze, ma anche alleanze con startup, provider AI, fintech, sistemi SaaS per monitoraggio ambientale e audit fornitore. La partnership con soggetti esterni può sbloccare capacità che internamente non si riesce a sviluppare a regime. -
Sperimentare modelli ibridi di approvvigionamento
Una strategia vincente è combinare fornitori “verdi” (vicini, certificati) con reti globali diversificate: non tornare a vecchi paradigmi, ma applicare logiche di resilienza, buffer strategici, implicita “regionalizzazione” dove ha senso economico e normativo. -
Collaborare su scala intersettoriale e con le istituzioni
Le imprese non possono da sole spingere l’armonizzazione regolatoria europea né lo sviluppo di competenze diffuse: è cruciale partecipare a consorzi industriali, cluster regionali, iniziative pubblico-private per dotazioni infrastrutturali comuni e formazione collettiva. -
Misurare, comunicare e autenticare
Un semplice claim “filiera sostenibile” non basta più: servono dati verificabili, audit esterni, certificazioni e trasparenza verso stakeholder, clienti e autorità. Le nuove regole europee spingono in questa direzione.

