I vantaggi e le criticità della stampa 3D a servizio dell’inventario digitale

L’additive manufacturing, o stampa 3D, è nato per realizzare prototipi, ma si sta sviluppando anche nella produzione vera e propria e promette di portare cambiamenti importanti nell’ambito del procurement e della logistica. Come si intuisce dal nome inglese, si tratta di una tecnologia che realizza gli oggetti non per sottrazione da una forma piena, come avviene nella produzione tradizionale, ma per aggiunta di materiale, stampando un oggetto, anche molto complesso, a partire da un modello 3D.

Il vantaggio principale risiede nella possibilità di realizzare prodotti o componenti “on demand” con tempi di consegna contenuti, abbattendo così i costi di stoccaggio delle scorte nei magazzini. Questo è vero soprattutto quando la tecnologia additiva viene utilizzata per produrre parti di ricambio, stampabili solo quando è necessario (on demand) oppure direttamente nel luogo in cui verranno utilizzati (on site).

Dal punto di vista del procurement, l’inventario virtuale o digitale può sembrare una soluzione miracolosa a molti dei problemi che affliggono i direttori acquisti. Attenzione però: ci sono dei rischi che non vanno sottostimati, come riporta Ilan Solel su Supply Chain Brain.

La produzione di un componente, magari un pezzo di ricambio, solo nel momento in cui è necessario comporta una riduzione notevole dei costi di magazzino e permette di evitare il problema dell’obsolescenza, sia che la stampa 3D venga realizzata dall’azienda manifatturiera stessa, sia che venga realizzata direttamente dal gestore logistico. In più, i tempi di attesa da parte di un cliente che ordina un pezzo non presente in quel momento nel magazzino si possono ridurre a pochi giorni. Si pensi al caso di un’azienda che ha in catalogo milioni di pezzi e non può averli tutti sempre disponibili: il cliente potrebbe dover attendere anche alcune settimane.

Ci sono però alcuni limiti all’utilizzo di un inventario virtuale basato sull’additive manufacturing. Uno dei possibili punti critici riguarda alcuni materiali, come ad esempio il vetro, che sono difficili o troppo costosi da produrre in questo modo. Il secondo aspetto che bisogna tenere in considerazione è di tipo organizzativo e riguarda l’integrazione di questo tipo di produzione con le supply chain già esistenti. Un procurement manager dovrebbe poter sapere subito se un pezzo si trova in un inventario virtuale, in modo da rendere il processo di acquisto automatico e privo di interruzioni.

Un problema non indifferente riguarda infine gli elementi di vulnerabilità dell’inventario virtuale. Ad esempio, in caso di furto si parla di perdita non di un pezzo fisico ma delle istruzioni digitali per costruirlo, che costituiscono la proprietà intellettuale dell’azienda e non sono direttamente evincibili dal pezzo fisico. La perdita di questo tipo di proprietà può mettere a rischio il valore stesso dell’azienda. Chi ne venisse in possesso, inoltre, sarebbe in grado di riprodurre il pezzo all’infinito, causando una perdita economica significativa, se non un danno di immagine qualora il logo aziendale dovesse venir stampato su prodotti di qualità scadente.

Per proteggersi da queste eventualità diventa necessario proteggere le proprietà digitali dell’azienda, ad esempio con sistemi che tracciano ogni singolo manufatto limitando la produzione alle quantità autorizzate.