Il registro digitale permette di scambiare e vidimare i documenti, riducendo tempi e costi di spedizione

 

La tecnologia blockchain viene impiegata sempre più spesso in ambiti molto diversi dalle criptovalute, grazie alle quali è diventata nota. Dalla tracciabilità della merce allo scambio di informazioni protette, gli impieghi di questo registro digitale condiviso stanno iniziando a modificare la gestione della supply chain.

Un caso, analizzato da Paolo Bosso su Il Post, è quello dei trasporti marittimi. A gennaio, la compagnia di trasporti Maersk Line e Ibm hanno siglato un accordo in seguito al quale è stata presentata TradeLens, una piattaforma che usa la tecnologia blockchain per gestire le spedizioni via mare insieme a ClearWay, software di interfaccia in versione beta.

Si tratta del primo sistema di questo tipo su larga scala, e permette di gestire da un’unica finestra telematica tutti i documenti che accompagnano una singola merce nel suo itinerario a bordo di una nave mercantile. Per capire la portata di questa innovazione, basti pensare che per spedire un collo di fiori al porto di Mombasa a quello di Rotterdam sono necessarie almeno 200 comunicazioni tra una trentina di persone (reali e giuridiche) come società di spedizione, brokers, governi, autorità portuali e armatori. Il 15% dei costi di una spedizione sono legati a bolle doganali e nulla osta sanitari.

La piattaforma permette di scambiare documenti e garantisce, tramite la criptazione, la possibilità di vidimarli in modo da escludere la manomissione. La quantità di dati raccolta ha già raggiunto numeri importanti: in un anno TradeLens ha archiviato informazioni su 154 milioni di spedizioni. Si pensi infatti che una singola nave delle più grandi compagnie armatoriali al mondo può trasportare nei porti in due settimane anche 20mila container. Per gestire questa mole di dati stanno partecipando al progetto, insieme a Maersk e Ibm, 94 organizzazioni tra cui 20 operatori portuali, come i porti di Rotterdam, Bilbao, Filadelfia, il gruppo di Singapore Psa, le società logistiche Ceva e Damco, le autorità doganali di Paesi Bassi, Arabia Saudita, Singapore, Australia e Perù.

Questa tecnologia sarà dunque in grado di diminuire significativamente i costi di spedizione così come i tempi di transito, che potrebbero ridursi del 40%. D’altra parte, questo risparmio sarà in parte collegato alla scomparsa, o almeno alla riduzione, di alcuni mestieri tradizionali come gli agenti marittimi e gli spedizionieri doganali. Si calcola che i passi necessari per sapere dove si trova il proprio container lungo la supply chain possono venir ridotti da dieci a uno coinvolgendo non più cinque ma una sola persona.