In seguito all’annuncio della scorsa settimana di un’indagine anti-sovvenzioni sui veicoli elettrici cinesi la retorica tra Pechino e Bruxelles si sta inasprendo.
Un botta e risposta protezionistico potrebbe avere impatti importanti sulle catene di approvvigionamento di veicoli elettrici e semiconduttori, nella triangolazione tra Cina, Stati Uniti e Unione europea.
Mercato e tariffe
I legami dell’UE con la Cina sono in uno stato precario dopo l’annuncio del 13 settembre di un’indagine della Commissione europea sui sussidi di Stato cinese alla fabbricazione di auto elettriche per il mercato europeo. Durante gli incontri ad alto livello dei prossimi quattro giorni in Cina, la Commissione cercherà accordi concreti per ripristinare le relazioni. Dombrovskis spiegherà alle sue controparti che l’indagine seguirà rigorosamente le fasi procedurali, comprese le consultazioni con le autorità e le aziende, prima che venga intrapresa qualsiasi azione, come scrive Bloomberg.
La rappresentanza della Camera di Commercio cinese presso l’UE ha sottolineato la sua preoccupazione per l’indagine in corso, e ha dichiarato che il vantaggio competitivo del settore non è dovuto alle sovvenzioni ed esortato l’UE a considerare obiettivamente i veicoli elettrici cinesi. La quota cinese di veicoli elettrici venduti in Europa è salita all’8% e potrebbe raggiungere il 15% nel 2025, e i prezzi sono in genere inferiori del 20% rispetto ai modelli fabbricati nell’UE. I modelli cinesi più popolari esportati in Europa includono MG di SAIC e Volvo di Geely. Le azioni dei produttori cinesi di veicoli elettrici sono diminuite dopo l’annuncio dell’UE del 13 settembre.
I motivi dell’indirizzo europeo
La preoccupazione della commissione è dovuta in larga parte alla convenienza delle auto elettriche di produzione cinese rispetto a quelle europee e al timore che le condizioni ottimali di produzione in Cina facciano fuggire le aziende e tolgano posti di lavoro in Europa. Ma l’UE deve tenere conto di una possibile reazione negativa da parte della Cina e concentrarsi sulla creazione delle condizioni affinché gli attori europei abbiano successo, dalla riduzione dei prezzi dell’elettricità alla riduzione degli ostacoli burocratici.
L’UE e altre importanti economie hanno combattuto su due fronti in questo settore: cercando di eguagliare il sostegno del governo degli Stati Uniti per le case automobilistiche nazionali e i fornitori di batterie da un lato; competere con i produttori cinesi dall’altro. Ma diverse industrie automobilistiche europee (quella tedesca su tutte) si affidano già alla Cina per una larga parte dei loro ricavi di vendita e hanno esortato le istituzioni a “lasciare le porte aperte” per evitare ritorsioni.
Gli effetti sulle supply chain
L’indagine, che ha tempo 13 mesi per essere conclusa, porterà probabilmente a nuove tariffe UE sulle importazioni cinesi di veicoli elettrici e coinvolgerà importanti case automobilistiche come Tesla, Renault e BMW, che producono automobili in Cina per l’esportazione nella zona euro. Ma ormai da diversi mesi gli Stati Uniti e i loro alleati asiatici ed europei stanno cercando di garantire nuove catene di approvvigionamento per i minerali e altre materie prime come rame, nichel e litio vitali per produrre semiconduttori, telefoni e veicoli elettrici.
Anche in questo senso vanno essere letti i toni decisi verso Pechino, che attraverso le sue istituzioni sta sfruttando la competizione nel mercato globale. L’Europa dovrà essere in grado di rispondere adeguatamente a questa competizione, scongiurando crisi che possano generare le carenze di forniture che abbiamo sperimentato in passato. Non si tratta solo di veicoli elettrici, ma del futuro della transizione ecologica e digitale nel continente.
Continua frammentazione globale
Dei 1,2 trilioni di dollari di investimenti diretti esteri nel settore della trasformazione ecologica (di cui le auto elettriche sono parte) nel 2022, quasi 180 miliardi di dollari si sono spostati attraverso blocchi geopolitici da Paesi che hanno rifiutato di condannare l’invasione della Russia a quelli che lo hanno fatto, ha rilevato un’analisi dell’Onu riportata da Bloomberg. Segnali che un nuovo ordine economico è in fase di formulazione, con tutta l’incertezza e l’imprevedibilità che ciò può determinare. Le tendenze al reshoring e al friendshoring sono reali e questo nuovo contrasto tra l’Unione europea e la Cina potrebbe portare a nuove spinte protezionistiche reciproche. Come già accaduto in passato, oggi sembra di assistere a uno scenario in cui la competizione tra grandi potenze guiderà il mercato.
Questo determinerà la necessità di leggere con più attenzione i rivolgimenti politici che potrebbero influenzare le dinamiche economiche e anche le catene di approvvigionamento globali, prendendo in considerazione i rischi geopolitici. Oltre al confronto EU-Cina, gli esempi si moltiplicano se vediamo alla recente infrastruttura promossa dall’India come alternativa alla nuova Via della Seta. Ma anche guardando alla minaccia di imporre restrizioni da parte degli Emirati Arabi Uniti verso tecnologie usate per la guerra della Russia. L’unica soluzione per le aziende multinazionali è avere fornitori o impianti produttivi in parti diverse del mondo, in modo che sia già presente un pian B in caso di crisi.