Il 5 giugno di ogni anno è la giornata mondiale dell’ambiente, proclamata dall’Assemblea delle Nazioni Unite per celebrare la prima conferenza ONU sull’ambiente tenutasi a Stoccolma nel 1972. Negli ultimi anni questo appuntamento giunto al suo 50esimo anniversario è cresciuto, diventando una delle principali piattaforme globali sulla sensibilizzazione ambientale a cui partecipano più di 150 Paesi.

Una giornata di riflessione in cui viene proposta una tematica su cui discutere, per raggiungere un mondo più sostenibile e rispettoso dell’ecosistema. Per il 2023 si è deciso di dedicarla alle soluzioni all’inquinamento da plastica, un problema che ancora impatta in modo consistente la vita del pianeta minacciando l’uomo e diverse specie.

L’edizione 2023 in Costa d’Avorio

Il paese scelto per l’edizione di quest’anno, che ospiterà le celebrazioni di questa giornata in collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e il sostegno dei Paesi Bassi, è la Costa d’Avorio. Il paese africano dal 2014 ha vietato l’uso di sacchetti di plastica, sostenendo il passaggio a imballaggi riutilizzabili.

La capitale Abidjan è negli anni diventata anche un hub per le start-up che cercano di sconfiggere l’inquinamento da plastica, che dal 2022 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso di contrastare attivamente approvando una risoluzione ad hoc e giuridicamente vincolante che vedrà probabilmente entro il 2024 un accordo condiviso. Intanto la World Environment Day Map mostra soluzioni comunitarie innovative per ridurre l’inquinamento da plastica, con centinaia di attività in tutto il mondo.

I numeri del problema

Ogni anno in tutto il mondo più di 400 milioni di tonnellate di plastica vengono prodotte, secondo il giornale delle Nazioni Unite in Italia, di cui la metà progettata per essere utilizzata una sola volta. Di questi meno del 10% viene riciclato e si stima che dai 19 ai 23 milioni di tonnellate finiscano ogni anno in laghi, fiumi e mari. Ma oltre a quello che è visibile ad occhio nudo, nell’ultimo periodo si è sentito sempre più parlare anche di microplastiche che arrivano fino a 5 mm di diametro e trovano la loro strada nel cibo, nell’acqua e nell’aria. Si stima che ogni persona sul pianeta consumi più di 50.000 particelle di plastica all’anno, un numero che aumenta sensibilmente se si considera anche l’inalazione. La plastica monouso scartata o bruciata danneggia la salute umana e la biodiversità e inquina ogni ecosistema, dalle cime delle montagne al fondo dell’oceano.

L’UNEP sottolinea che “i costi sociali ed economici dell’inquinamento da plastica vanno da 300 a 600 miliardi di dollari all’anno”. Una cifra enorme per un problema dalle esternalità negative che permangono nel tempo. E secondo un report del WWF dal titolo Plastica: dalla natura alle persone. È ora di agire, afferma che “l’Italia è tra i peggiori Paesi inquinatori che si affacciano sul Mediterraneo, contribuendo all’inquinamento soprattutto in qualità di secondo più grande produttore di rifiuti plastici in Europa” e chiede al governo di “andare oltre il riciclo dei soli imballaggi e di estendere la raccolta differenziata a tutti i prodotti in plastica di largo consumo allo scopo di far crescere l’economia circolare come valore condiviso”.

Come intervenire nella complessità

L’inquinamento da plastica richiede vari interventi adattati alle aree geografiche e alle posizioni delle parti interessate nel ciclo di vita. Sono infatti molteplici le parti interessate e coinvolte nel processo, dalla produzione allo smaltimento. Al momento sono in corso negoziati per creare un trattato globale sulla gestione della plastica, un compito che coinvolge le parti interessate dei settori upstream, midstream e downstream. L’identificazione dei punti di intervento per l’attuazione delle politiche nazionali e l’esecuzione locale richiede la valutazione di lacune e barriere di conoscenza delle parti e un flusso regolare e coerente di informazioni da monte a valle è fondamentale per allineare le azioni locali con obiettivi, politiche e quadri globali, come afferma Plastic Oceans.

Come spesso accade, il procurement anche in questo campo può giocare un ruolo strategico fondamentale nel sourcing. Può infatti cercare alternative sostenibili e promuovere l’acquisto di materiali riciclati o biodegradabili. Inoltre, la collaborazione con fornitori responsabili può favorire soluzioni eco-friendly sino all’implementazione di politiche di riduzione della plastica nell’intera supply chain. Il suo impatto si estende oltre i confini aziendali, influenzando le decisioni di acquisto e contribuendo a una transizione verso un’economia circolare più sostenibile attraverso la sinergia con gli stakeholder attraverso buone pratiche e innovazione.