Oggi è possibile tenere meno merce in magazzino e abbattere costi e rischi: un indice lo dimostra
Il rapporto tra scorte e vendite, una misura che paragona il valore delle vendite mensili a quello delle scorte invendute, è diminuito negli ultimi 20 anni secondo i dati dell’U.S. Census Bureau. Matt Leonard approfondisce questo tema su Supply Chain Dive.
«È un valore che traccio da anni per dare un’indicazione di quante scorte hanno a disposizione i rivenditori», ha affermato Scott Scheleur, assistant division chief per i programmi di indicatori di vendita al dettaglio e all’ingrosso del Census Bureau. Per esempio, un rapporto dell’1,5 indica che i negozi hanno abbastanza merce sottomano per coprire le vendite di 1,5 mesi. Il rapporto è calcolato attraverso indagini mensili con i rivenditori.
La tendenza in discesa dimostra l’aumento di efficienza nelle supply chain. «La tecnologia ha permesso ai venditori e ai fornitori di accorciare le supply chain, facendo sì che i rivenditori possano tenere meno merce in magazzino», ha dichiarato a Supply Chain Dive Mark Cohen, direttore degli studi sulle vendite alla Columbia Business School.
Esistono eccezioni alla tendenza generale. La recessione, in particolare, spicca: «Quando l’economia ha rallentato in modo drammatico, le scorte si sono accumulate di conseguenza», ha affermato Cohen.
La diminuzione del rapporto, tuttavia, sottolinea come le supply chain siano diventate più veloci e reattive ai bisogni dei venditori e dei consumatori, evitando in questo modo i costi incrementali del mantenimento in magazzino di merce invenduta. Mantenere scorte che non siano fresche o attuali, ha affermato Cohen, aumenta il rischio. «Le scorte sono fragili. Sono ovviamente deperibili se si tratta di generi alimentari, ma lo stesso vale nel caso di un rivenditore di abbigliamento».
L’economia ha imposto ai venditori il bisogno di compensare il calo delle vendite per numero di metri quadri e un modo per farlo è comprare meno scorte. La tecnologia ha reso molto più facile la comunicazione tra rivenditori e produttori. Software basati su un algoritmo possono tener traccia delle vendite e assicurare che i produttori conoscano i bisogni dei rivenditori quasi in tempo reale.
Quando un cliente ordina qualcosa di diverso da un prodotto Apple base, per esempio, fa partire un ordine di produzione alla fabbrica Foxconn di Shenzhen, in Cina. L’azienda ha efficacemente eliminato i magazzini intermedi tra il produttore e il consumatore. «Apple e altri hanno creato delle catene di approvvigionamento estremamente veloci, efficienti e produttive, e la conseguenza è che possono tenere a scaffale relativamente pochi prodotti finiti», ha affermato Cohen.
Comprare le scorte su una base più regolare aiuta anche ad assicurare che i rivenditori tengano in magazzino quello che i clienti vogliono. Se si compra all’ingrosso per l’intera stagione bisogna cercare di indovinare quali colori e taglie vorranno i clienti, ma con una produzione più flessibile è possibile invece comprare scorte di quello che effettivamente viene venduto di più.
I venditori potrebbero rivolgersi alle tecnologie emergenti come la stampa 3D per ridurre ancora di più questo rapporto, ma per questo potrebbe volerci ancora del tempo. «In teoria ci sono dei limiti rispetto a quanto in là ci si può spingere, perché la merce deve essere prodotta fisicamente da qualche parte nel mondo, i componenti devono essere assemblati prima della produzione e anche se il mondo si è ristretto non vedremo l’invenzione del teletrasporto con i nostri occhi», ha affermato Cohen. «L’oceano Pacifico e l’Atlantico sono sempre masse d’acqua significative e il trasporto aereo sarà sempre un costo».