Il Cile, secondo produttore mondiale di litio dietro l’Australia, sta cercando di portare i progetti legati a questa materia prima critica sotto il controllo statale. Il mese scorso il presidente Gabriel Boric ha annunciato che il paese sta cercando di assumere il controllo statale di importanti progetti di litio per gestire e utilizzare le risorse nazionali del metallo fondamentale per la produzione di batterie per auto elettriche.
Attraverso un comunicato stampa, le società statali di rame cilene Codelco ed Enami hanno reso noto di essere in trattativa con il settore privato per aumentare la produzione di litio, certificando di fatto la partecipazione del governo al business dell’estrazione.
Cosa può cambiare
Il Cile possiede giacimenti per quasi 10 milioni di tonnellate e riserve sfruttabili per 9,2 milioni, le più grandi al mondo. A seguito della nazionalizzazione, le società private dovranno collaborare con il governo per sfruttare le riserve di litio, mentre il governo richiederà una partecipazione in tutti i futuri progetti. Boric ha affermato che si tratta della migliore possibilità per il paese di raggiungere la transizione verso un’economia sostenibile e sviluppata.
Alcune case automobilistiche, produttori e analisti hanno affermato che l’annuncio potrebbe mettere a repentaglio le forniture globali a lungo termine. Secondo l’analista del Benchmark Mineral Intelligence, Daisy Jennings-Gray, la decisione potrebbe spingere gli acquirenti di litio altrove. Jennings-Gray ha dichiarato che non sarebbe sorpresa se questa mossa soffocasse i nuovi investimenti nel settore del litio del paese, almeno nel breve termine, in un momento in cui sono necessari maggiori investimenti per aumentare l’offerta mentre la domanda accelera.
Ma non c’è nulla che suggerisca che la fornitura dalla nazione diminuirà e gli accordi di fornitura esistenti continueranno a funzionare. Certo saranno interessate le case automobilistiche o le società della supply chain delle batterie che hanno scommesso sull’espansione dell’offerta nel paese. Queste ultime potrebbero essere più caute nell’impegnarsi in accordi di fornitura di litio dal Cile fino a quando l’approccio alla nazionalizzazione non sarà più chiaro.
Tra breve e lungo periodo
Il piano di Boric per implementare partenariati pubblico-privato gestiti dallo stato non causerà quindi l’immediata risoluzione degli attuali contratti di estrazione. Ma una volta che raggiungeranno la loro conclusione, il governo deciderà di acquisire una quota di maggioranza in tutti i principali progetti.
L’impatto si farà sentire principalmente a lungo termine, mentre quello a breve sarà forse minimo. La sfida sarà se il Cile attrarrà più investimenti e quindi aumenterà l’offerta interna a medio-lungo termine. Anche l’Argentina rafforzerà la propria produzione nei prossimi anni, registrato un aumento degli investimenti ed entro il 2030 supererà probabilmente l’offerta cilena.
Il CTO di Mercedes-Benz Markus Schaefer ha detto a Reuters che è “ancora aperto agli acquisti diretti dal Cile, ma ci sono alternative, come Australia e Canada”. Nel frattempo, una portavoce della Volkswagen ha affermato che il gruppo sta implementando una roadmap per le materie prime che include la diversificazione regionale.
Una Opec del Litio
Il fatto che le risorse di litio siano concentrate in pochi Paesi sta già da tempo facendo ipotizzare a una sorta di cartello per il commercio di questa materia prima strategica. Nel 1974 una cosa analoga successe per il rame tra Cile, Perù, Congo e Zambia, il cosiddetto CIPEC (Consiglio intergovernativo dei paesi esportatori di rame), poi allargato ad Australia, Indonesia, Papua Nuova Guinea e Jugoslavia. Nel 1976 l’economista Fred Bergsten parlò poi di “una nuova OPEC per la bauxite”, la materia prima per la produzione dell’alluminio.
Argentina, Bolivia e Cile, i tre paesi che compongono il cosiddetto “triangolo del litio” detengono più del 58% dei depositi globali. Sulla carta, la Bolivia è quello più ricco, con giacimenti di 21 milioni di tonnellate; seguono l’Argentina, con 19 milioni, e il Cile, con 9,8. I ministri degli Esteri di Buenos Aires, La Paz e Santiago del Cile sono impegnati in trattative avanzate sulla creazione di un meccanismo che assegnerebbe loro il controllo dei prezzi del litio a livello globale.
Tendenza consolidata anche su altri materiali
L’annuncio di Boric si inserisce in una più ampia tendenza al nazionalismo delle risorse, cioè all’assunzione del controllo della produzione mineraria o energetica da parte degli stati. Lo stesso si vede negli Stati Uniti e in Europa e ha assunto ulteriore slancio dopo il conflitto in Ucraina, che ha evidenziato le contraddizioni tra forte interdipendenza economica e tensioni politiche. Ma anche l’Indonesia, per esempio, uno dei più grandi paesi esportatori di nichel, già a giugno del 2020 ha vietato l’esportazione del minerale con l’obiettivo di accumulare risorse e utilizzarle per creare sul proprio territorio una filiera industriale. Dal prossimo giugno, inoltre, l’Indonesia vieterà anche le esportazioni di bauxite per stimolare la produzione di alluminio. Nel dicembre 2022 anche lo Zimbabwe ha imposto un divieto all’export di litio grezzo.
Stimolata dalla mobilità elettrica e dall’installazione di parchi rinnovabili, la domanda globale di litio dovrebbe raggiungere i 3,7 milioni di tonnellate entro il 2030. Con una domanda tale, per i Paesi leader nel settore l’opportunità di avere il controllo sulle proprie risorse e di gestirle in modo efficace, specie quando si tratta di Paesi in via di sviluppo, è una questione di vitale importanza.
La Cina è il più grande produttore mondiale di veicoli elettrici e attualmente controlla il 58% della capacità globale di lavorazione del litio, anche se dispone solo del 6% delle risorse globali. Ciò significa che i produttori di litio dipenderebbero ancora dalla Cina per trasformare la materia prima. A medio termine, qualsiasi cartello sarebbe ancora abbastanza dipendente dalla Cina come suo principale cliente, e quindi la Cina deterrebbe ancora un certo potere. Tuttavia, con scelte coraggiose l’influenza di pochi Paesi – Cina, ma non solo – nell’economia di altri potrebbe diminuire. Perché l’idea di nazionalizzazione si traduca in realtà, Boric dovrà ottenere l’approvazione del Congresso nazionale cileno, l’organo legislativo, dove però non ha la maggioranza.