Dal 1995 l’Organizzazione Mondiale del Commercio (o World Trade Organization, WTO) vigila sul rispetto delle regole del commercio globale, con lo scopo di creare un sistema commerciale efficiente e vantaggioso per tutti i partecipanti. Un’organizzazione intergovernativa composta da 164 Paesi che secondo molti ha però sostanzialmente fallito nell’affrontare i principali nodi e le problematiche del commercio globale.
La direttrice generale del WTO, Ngozi Okonjo-Iweala, ha sollecitato la diversificazione nelle catene di approvvigionamento globali, tra gli sforzi in corso per far progredire la riforma dell’organo da lei presieduto.
Un problema evidente
“C’è un’eccessiva concentrazione della produzione in alcuni settori in alcuni paesi”, ha affermato Okonjo-Iweala a margine dell’ultimo vertice delle principali potenze economiche del G-7 a Hiroshima, in Giappone. “Sono d’accordo che dobbiamo costruire la resilienza, che il mondo non può fare affidamento su pochi paesi per pochi prodotti chiave”.
Ha fornito l’esempio della scarsità di vaccino Covid-19 disponibile per alcune regioni importatrici, poiché i produttori hanno introdotto restrizioni all’esportazione durante la pandemia. Ha anche fatto riferimento alla carenza mondiale di semiconduttori, che ha creato colli di bottiglia nella produzione nei settori tecnologico e automobilistico.
Ha infine presentato i doppi vantaggi di perseguire la diversificazione nei paesi in via di sviluppo per aumentare contemporaneamente la loro crescita economica e soddisfare le esigenze di approvvigionamento globale.
Riglobalizzazione o deglobalizzazione?
“Riglobalizzare collocando industrie diversificate in questi paesi”, ha affermato. Per costruire una resilienza globale al di là dei vicini. “Il tuo amico oggi può non essere tuo amico domani”, ha sostenuto Okonjo-Iweala. “Cerchiamo quelle aree in cui abbiamo l’ambiente giusto, diversifichiamolo e usiamolo per toglierli dal margine nel sistema globale. Ciò stimolerà nuovamente la crescita in quei paesi e nel mondo”.
L’enfasi sulla “riglobalizzazione” arriva quando le tensioni geopolitiche e la recente legislazione statunitense nell’ambito del confronto commerciale con la Cina hanno alimentato le preoccupazioni sulla potenziale frammentazione del commercio globale. L’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti ha introdotto sussidi per stimolare la produzione interna di veicoli elettrici, diffondendo preoccupazione all’interno dell’Unione europea.
Nuove e vecchie soluzioni
Mentre tempo fa era l’Unione europea ad “andare” in Cina, ora la Cina sta investendo in tutto il mondo e ampliando le sue reti commerciali, con il proprio ruolo centrale in diversi settori critici che aumenta con il passare del tempo. E sebbene i leader del G-7 abbiano esplicitamente ribadito che non stanno perseguendo una politica di disaccoppiamento economico da Pechino, l’idea del reshoring continua a stuzzicarli memori di quanto accaduto con la Russia e allineati agli interessi statunitensi.
“I nostri approcci politici non sono progettati per danneggiare la Cina né cerchiamo di ostacolare il progresso e lo sviluppo economico della Cina. Una Cina in crescita che rispetta le regole internazionali sarebbe di interesse globale. Non ci stiamo disaccoppiando o rivolgendoci verso l’interno. Allo stesso tempo, riconosciamo che la resilienza economica richiede la riduzione dei rischi e la diversificazione”, hanno affermato, rilevando la necessità di adottare misure collettive e individuali per investire nella propria vivacità economica e ridurre “le dipendenze eccessive nelle nostre catene di approvvigionamento critiche”.
Come scrive il professor Arthur Appleton su The Globalist, le soluzioni bilaterali e plurilaterali offrono il modo migliore per garantire che le sfide del 21° secolo vengano affrontate. Al momento però il WTO resta un organismo debole, quasi irrilevante se si pensa al contesto attuale in cui da un punto di vista delle relazioni internazionali le scelte politiche e strategiche più che a una massimizzazione del ritorno economico puntano alla riduzione del rischio in modo preventivo. Che si parli di reshoring o di riglobalizzazione, la tendenza appare indubbiamente quella di un confronto tra grandi potenze impegnate nel garantirsi una certa influenza nelle aree strategiche del globo.