Sinonimo di eleganza e stile made in Italy, Bulgari è società italiana fondata nel 1884, attiva nel settore del lusso con prodotti di gioielleria, orologeria, profumeria, pelletteria e per l’industria alberghiera. Dal 2012 fa parte del Gruppo francese LVMH.

Sul secondo numero del 2023 del nostro magazine abbiamo pubblicato l’intervista fatta ad Arianna Vetrugno, Sourcing Excellence Senior Manager di Bulgari, scoprendo cosa significa occuparsi degli Acquisti di un’eccellenza italiana dal respiro internazionale che vanta un network globale e di come questa funzione sia “un ingranaggio fondamentale del ponte che collega l’estro creativo, i dati contabili ed il sistema di controllo interno”.

 

Bulgari rappresenta l’eccellenza italiana nel settore del lusso, con una storia ultracentenaria fatta di tradizione e rinnovamento. Cosa significa occuparsi degli approvvigionamenti in questo ambito? 

Arianna Vetrugno: Per cogliere cosa significhi occuparsi di approvvigionamenti in Bulgari è bene raccontare un po’ la storia di questa Maison con forte DNA italiano e da un decennio con iniezioni di imprinting francese. Solo 20 anni fa, casualmente proprio quando ho iniziato la mia esperienza in Bulgari, si è iniziato a considerare l’importanza della gestione acquisti e monitoraggio dei costi. Il focus di attenzione riguardava prettamente gli acquisti diretti per naturale materialità ed in considerazione del fatto che, non producendo penne né lingerie (come disse l’AD in carica nel lontano 2002 – Ernesto Greco), si rendeva necessaria una gestione centralizzata dei nostri acquisti di stock: mi riferisco a materiali preziosi, soprattutto oro, diamanti e pietre preziose e semipreziose. Decisamente un mondo affascinante. Milioni di euro di costi operativi. Per anni l’azienda non ha considerato altri costi, benché meno cospicui, ma altrettanto impattanti sui margini e soprattutto molto più variegati in termini di numero di fornitori gestiti, creatività ed impossibilità a finalizzare contratti a lungo termine che da un lato garantissero una relazione strategica con i fornitori ma che dall’altro minassero la necessità di cogliere le sempre nuove opportunità offerte dal mercato in termini di innovazione, cambiamento, novità. Mi riferisco ovviamente agli acquisti indiretti. In particolare a spese marketing, construction e information technology. Nel 2018, in una realtà adagiatasi all’idea che chiunque in azienda fosse un “buyer”, l’azienda ha rivoluzionato la struttura organizzativa ed è nato l’ufficio acquisti indiretti, cui appartengo, e definito un processo di sourcing, negoziazione e gestione degli acquisti in linea con i requisiti del gruppo LVMH ma soprattutto al passo con la nostra categoria indiretti in Bulgari. Questo significa non avere come obiettivo unico né principale il cost saving, ma comprare ciò che di meglio è disponibile sul mercato alle migliori condizioni possibili. In poche parole perseguire l’eccellenza con l’obiettivo di investire tutte le risorse disponibili nel maggior numero di iniziative, proprio con l’atteggiamento del “buon padre di famiglia”. Per perseguire questo ambizioso obiettivo, Bulgari ha investito (e sta continuando a farlo) in importanti piattaforme di digitalizzazione che aiutino a prendere coscienza di dove si spende e soprattutto da chi si compra. Da anni siamo molto impegnati nell’implementazione a livello mondiale (e parliamo di ben 52 società a marchio Bulgari in tutto il mondo) di Ivalua P2P e, da poco abbiamo intrapreso la stessa sfida anche per quanto riguarda il rilascio mondo di Ivalua SRM. Acquisti in Bulgari oggi significa principalmente consapevolezza.

Come si strutturano gli acquisti di Bulgari e quali sono gli aspetti che caratterizzano questa funzione rispetto ad altre realtà? 

Arianna Vetrugno: Sicuramente l’ufficio acquisti indiretti di Bulgari non è paragonabile ad altre realtà molto più strutturate e centralizzate per quanto riguarda questo processo. Non siamo nel settore Automotive e non tutte le categorie di acquisto transitano dalla nostra scrivania. Moltissimi in azienda sono i cosiddetti “delegated buyers”, in base a determinate soglie e categorie di spesa. L’ufficio acquisti indiretti non conta centinaia di persone a livello mondo, bensì un network molto ramificato che garantisca una standardizzazione di processo, razionalizzazione e certificazione dei fornitori e sinergie tra i mercati. Un esempio: quando nel 2018 è arrivato il nuovo Direttore acquisti indiretti dal Gruppo, con una decennale esperienza in Dior Parfum prima ed in Moet Hennessy dopo, mi ha posto una domanda: quanti e chi fossero i fotografi nella sola Bulgari Spa, HQ, a Roma. In un’azienda all’inizio dell’implementazione di un sistema di P2P, o forse ai tempi da considerarsi quale un sistema di I2P (invoice to pay), e in cui gran parte dei processi non erano ancora stati digitalizzati, per me ha significato fare una ricerca manuale in rete per fornire il dato richiesto. Alla fine ne ho contati 38, ben 38 fotografi a Roma. In Bulgari, convincere il business a gestire 5-10 fotografi indipendentemente dal progetto, ha significato contrariare chi da decenni era abituato ad un rapporto biunivoco con il “proprio fotografo di fiducia”, a discapito di convenienti contratti quadro che fidelizzassero i fornitori al nostro marchio garantendo condizioni favorevoli ad entrambe le parti e soprattutto garantendo una coerenza in termini di servizio fornito ed immagine proposta al mercato.

Che ruolo gioca la direzione Acquisti nel raggiungimento degli obiettivi di business aziendali? Che tipo di rapporto e quanta visibilità ha rispetto ad altre funzioni? 

Arianna Vetrugno: Come accennato precedentemente anche grazie al Gruppo, l’obiettivo primario è comprare beni e servizi che riflettano il DNA di Bulgari: in poche parole l’eccellenza, la perfezione e la sostenibilità. Noi gestiamo fornitori che, a parità di prezzo sul mercato, ci garantiscono quell’unicità che rappresenta l’obiettivo primario di Bulgari e quindi del business. Indirizzare il business, inteso come decine di dipartimenti e responsabilità nonché culture differenti, ad una gestione che possa definirsi tale degli acquisti è stato decisamente sfidante. Dimostrare il valore aggiunto dei “professional buyers” rispetto all’attività dei “delegated buyers” ha significato conquistare la loro fiducia, garantire il risultato atteso, gestire più iniziative a parità di budget, incentivare i fornitori a superare se stessi allo stesso modo in cui siamo abituati in Bulgari. Nel frattempo l’organizzazione acquisti indiretti è anche sorta in Nord e Sud America, Greater China, Giappone, Svizzera. Questa “lingua condivisa” e processo congiunto ha aiutato a dare ai mercati e ai vari dipartimenti un messaggio univoco. La mia sfida personale, in qualità di responsabile del dipartimento “sourcing excellence” è appunto promuovere la strategia di acquisti, condividere i processi, le best practices di mercato, i requisiti del Gruppo soprattutto in termini di compliance,  fidelizzazione dei fornitori ed il fatto che essere buyer non significhi “chiedere lo sconto” una volta a valle di un preventivo già formalizzato dal business, bensì offrire a quest’ultimo il miglior servizio disponibili nel rispetto del requisito iniziale, budget, sostenibilità e visibilità del marchio. Condividiamo con il business cosa significhi avere fornitori certificati (riusciamo a darne evidenza grazie alla piattaforma Ivalua) e quali possono essere gli impatti sul marchio e sulle vendite qualora emergesse che fornitori corrotti facciano parte del nostro portafoglio. È un processo di change management molto lungo e soprattutto che deve correre e modularsi insieme alla creatività, alle mode, ai mercati. Ma oggi posso affermare che noi del dipartimento acquisti siamo diventati un ingranaggio fondamentale del ponte che collega l’estro creativo, i dati contabili ed il sistema di controllo interno. 

Tra le categorie di acquisto, quali hanno maggiore peso per volumi e quali sono le più peculiari?

Arianna Vetrugno: Come accennato, le categorie di spesa che hanno maggior volume, inteso come materialità, sono gli acquisti diretti (oro, materiali preziosi, diamanti e pietre preziose/semipreziose). Il processo degli acquisti diretti è fortemente centralizzato per ovvie ragioni di concentrazione di mercato. I nostri esperti gemmologi garantiscono le pietre più belle e preziose e ciò che resta a noi, in particolare al mio ufficio che si occupa di “sourcing excellence”, è garantire a Bulgari ed ai nostri clienti mondo la provenienza etica dei nostri acquisti certificando l’intera filiera e pubblicizzando le certificazioni ottenute (la più importante è la cosiddetta RJC – Responsible Jewels Council). Di più complessa gestione sicuramente gli indiretti, in particolar modo le spese marketing ed eventi. Negoziare e contrattare con le agenzie dei nostri ambassadors presenta sfide uniche. Da richieste fantasiose il giorno del set di una campagna pubblicitaria, alla richiesta di cibi particolari impossibili da trovare durante un volo. Cercare di soddisfare le esigenze individuali e occuparsi di questi fornitori significa diventare duttili come una gomma americana e avere una calcolatrice in testa per non incorrere in ingiustificati over budget. O si pensi alla realizzazione dell’hotel Bulgari di recente apertura a Roma in piazza Augusto Imperatore. Ristrutturare un edificio storico in pieno centro, in una città meravigliosa anzi, mi correggo…decisamente la più bella al mondo, ma indubbiamente tra le più peculiari in termini di burocrazia e complessità, ha significato rilavorazioni continue sui requisiti iniziali e solo la partnership con i nostri principali fornitori coinvolti nel progetto ha permesso la realizzazione di tale magnificenza.

Dal 2012 Bulgari è entrata a far parte del gruppo francese LVMH. Quali cambiamenti ci sono stati? Quale tipo di sinergia esiste tra le aziende del gruppo e nello specifico tra gli Acquisti?

Arianna Vetrugno: Nel 2012 mi ero applicata per una posizione in un’altra azienda non del lusso, poi il caso ha voluto che diventassi mamma e che fossimo acquisiti da LVMH ed ho pensato di restare ancora qualche anno (ne sono trascorsi altri 10) perché incuriosita dal mostro sacro francese. In effetti è stato come cambiare azienda, lavoro, business. Il cambiamento, a parte il taglio di evidenti inefficienze organizzative, non è stato repentino, ma molto graduale. Il Gruppo ha speso molto tempo per leggere prima e capire poi chi fosse Bulgari, da dove venisse questo successo e soprattutto per disegnare la strada della crescita. Da un’azienda da 2,5 billion che negli ultimi 10 anni ha moltiplicato per 7 il proprio fatturato. Risultato mai sperato dalla famiglia e soprattutto inatteso. Ecco. La famiglia. Il forte imprinting della famiglia Bulgari è ancora (e credo sarà per sempre) tatuato nel marchio. Il Gruppo non ha mai denaturato le Maisons che vi appartengono. Il fine è sempre quello di garantire l’unicità di ciascun marchio del lusso altrimenti comprare da Tiffany sarebbe la stessa cosa che entrare in un “tempio” Bulgari e viceversa. I portafogli fornitori non sono condivisi benché Parigi supporti nella definizione di accordi-quadro per la categoria genex e information technology. Ossia tutto ciò che non infici direttamente sulla tipicità di ogni Maison (agenzie di recruiting, sistemi informativi etc.).

Ormai sentiamo sempre più spesso parlare del ruolo sociale delle aziende e dei passi necessari da compiere verso la sostenibilità. Come vi state muovendo in questo senso?

Arianna Vetrugno: Sin da quando ancora era un’azienda a struttura familiare, Bulgari si è sempre impegnata nel sociale (basti pensare alla partnership storica con STC – Save the Children) e soprattutto ha sempre dato fondamentale importanza, anche a discapito dei costi, alla sostenibilità. Accade sovente che i mercati di oggi utilizzino lo slogan sostenibilità più per un ritorno di immagine che per un contributo al pianeta delle generazioni future. Come accennato, già da decenni, Bulgari si è impegnata in tal senso e ora, avvalendosi di conoscenze, processi e sistemi dedicati allo scopo, riesce ad allargare ad ogni processo produttivo un approccio che sposi questo ambizioso obiettivo. Il nostro stabilimento produttivo di gioielleria, che si trova a Valenza Po, in provincia di Alessandria, è un modello unico in Europa per quanto concerne il calcolo e la costante riduzione degli impatti ambientali. Lo stesso edificio è stato costruito con l’obiettivo primario di perseguire un livello di eco sostenibilità che diventasse modello da replicare. Per non menzionare la totalmente nuova strategia di acquisto di packaging e materiali di supporto alle vendite. Abbiamo completamente “rinnovato il look”, ma optato per materiali più equo solidali. Sicuramente più arduo tirare le somme sugli acquisti indiretti. In tal senso abbiamo e stiamo implementando un processo di selezione dei fornitori che valuti gli stessi in base ai dati Esg forniteci da info provider integrati a supporto della scelta dei nostri partner. Tutte queste attività hanno costi considerevoli, ma garantiscono la coerenza etica che contraddistingue il marchio e meglio definisce il concetto di lusso nei tempi odierni. Lusso non unicamente inteso come “gioiello più sfavillante”, ma anche come “etica preziosa”.

Stiamo indubbiamente vivendo un periodo di crisi sistemiche e trasformazioni. Tra frizioni commerciali, post-pandemia, guerre, quali sono le voci che più attenzionate nel calcolo del rischio negli Acquisti? Inflazione, caro energia, costi di trasporto, cambio di valuta, rischio geopolitico ecc.

Arianna Vetrugno: Non nego che il mercato del lusso sia un po’ sui generis per quanto riguarda gli impatti derivanti dal macroscenario economico. Come tutte le aziende soffriamo gli eventi del mercato, a volte imprevedibili quali la recente pandemia, ma la reazione repentina è la nostra sfida. L’innovazione e la velocità di risposta agli agenti esterni sono alla base del successo. La pandemia per esempio è stata fronteggiata con forti investimenti nell’e-commerce, in passato canale di nicchia e ancora oggi in forte espansione. Il Gruppo ha garantito sinergie per quanto concerne i contratti con i nostri principali vettori. Più Maison si sono avvalse delle stesse tratte. Ciò ha avuto un doppio beneficio legato sia agli impatti ambientali che ai costi. E poi gli eventi geopolitici spesso influenzano fortemente gli spostamenti di ricchezza da mercato a mercato e con essa si sposta il nostro fatturato. A lungo la Cina ha detenuto il primato, ora le vendite invece crescono furiosamente in America o in Turchia, Paesi che in passato rappresentavano il nostro fanalino di coda. I nostri gioielli, oltre ad essere strepitosi, rappresentano un bene durevole. In condizioni di forte incertezza dei mercati finanziari ed immobiliari spesso rappresentano un bene rifugio su cui investire per conservare il proprio capitale. La bellezza non muore mai.