Con l’espressione “inquinamento atmosferico” viene solitamente indicato il crescente peggioramento dell’aria dovuto a fumi, gas, polveri e sostanze emessi da gran parte degli strumenti che la tecnologia moderna ci offre, dai condizionatori alle aziende fino alle macchine. Si tratta come noto ai lettori di un tema noto da decenni, ma quantomai attuale oggi in quanto la crescita esponenziale della popolazione terrestre e delle aree urbane avvenute negli ultimi anni hanno accelerato questo pericoloso e complicato processo di inquinamento.

Secondo le più recenti indagini comunque gran parte di queste sostanze nocive per l’atmosfera sarebbero provocate dagli scarichi dei mezzi a motore, automobili in primo luogo: queste infatti immettono nell’aria ossido di carbonio e ossido di zolfo, due gas inodori e incolori ma terribilmente tossici e pericolosi per la nostra salute.

In un mondo sempre più attento al tema della sostenibilità e all’impatto ambientale della tecnologia umana era prevedibile pensare che il mercato delle automobili sarebbe stato tra i primi a farsi protagonisti di questa rivoluzione green, anche se al momento non tutti i Paesi più sviluppati stanno mantenendo lo stesso approccio nei confronti di questo cambiamento: il passaggio da motori endotermici a elettrici non è infatti un processo veloce né scontato, ma almeno nel Vecchio Continente sono stati molti negli ultimi anni i Paesi che hanno dimostrato di abbracciare questa causa imponendo in prospettiva una lenta ma necessaria sostituzione delle auto a benzina e diesel. Tra questi Francia e Regno Unito in primis, ma anche il Belpaese (come al solito in ritardo) si sta timidamente accodando a in questo processo dopo che il mese scorso nelle commissioni Ambiente e Lavori pubblici del Senato è stata approvata una risoluzione che vincola il governo a valutare il divieto di vendita per auto e motoveicoli diesel e benzina a partire dal 2040. Dubbiosa appare però anche la Germania, che come facilmente intuibile possiede ancora enormi interessi nello sviluppo e nella vendita di automobili tradizionali, ma l’intesa di base è comunque raggiunta e l’impegno condiviso.

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A dare un ulteriore segnale di incoraggiamento negli scorsi giorni infatti è arrivata a sorpresa la decisione di Pechino che intende sul lungo termine mettere al bando tutti i combustibili fossili, una notizia tanto imprevista quanto ben accolta dall’opinione mondiale. La Cina è infatti come noto uno dei Paesi più inquinati in assoluto al mondo, anche se in primo luogo ad aver impattato nei decenni sono state le emissioni industriali piuttosto che quelle derivanti da mezzi di trasporto. Tuttavia come accennato il vento sta cambiando, e a confermare questo processo è arrivato lo stesso viceministro dell’industria cinese Xin Guobin: negli scorsi giorni infatti durante un meeting dedicato al tema il viceministro ha confermato le linee guida della nuova strategia sulla mobilità del Governo, e ha sottolineato inoltre che in questo piano è compresa anche la possibilità concreta di vietare la produzione e la vendita di auto a benzina e diesel. Si tratta di un passo senza precedenti per la Cina, che tuttavia proprio a causa dell’alta percentuale di inquinamento atmosferico deve necessariamente cambiare rotta e ha deciso quindi di farlo in maniera chiara ed efficiente.

Nello specifico il piano prevede che già dal 2018 tutti i costruttori dovranno vantare tra le proprie vendite almeno un 8% di veicoli ibridi o elettrici, mentre dal 2019 la stessa percentuale dovrà essere del 10% e nel 2020 del 12%. Insomma una crescita netta e reale del 2% annuo fino al 2025, quando secondo le stime ben il 25% delle auto vendute saranno elettriche. Questo ritmo è comunque realizzabile e non mette eccessiva fretta ai produttori, ma allo stesso tempo indirizza con fermezza la Cina verso l’obiettivo tanto agognato di una mobilità completamente elettrica entro il 2040. Prospettive dunque rosee ed elettriche per la Cina, che comunque già oggi da sola produce praticamente la metà dei modelli di auto elettriche esistenti (49 su 103) e nel solo 2016 ne ha immatricolate oltre 330.000. Inoltre altro punto di forza di Pechino in questo senso è l’autosufficienza del processo di produzione, in quanto ogni veicolo prodotto viene costruito pezzi e materiali cinesi senza bisogno di recuperare parti o componenti tecnologiche dall’Europa o dagli Usa. Insomma parlando di motori e sostenibilità indubbiamente gli asiatici sono in questo senso più innovativi rispetto al mondo occidentale, purtroppo ancorato a tradizioni malsane che ancora non ci hanno condotto, neanche in prospettiva, verso una exit strategy efficace per il problema. Per questo soprattutto nei prossimi anni la sostenibilità sarà sempre più un tema caldo e di massimo interesse non solo per i produttori di auto ma per tutte le aziende, a prescindere dal comparto di riferimento e dai beni o strumenti prodotti.