Dal 12 al 16 giugno si è svolta la 12esima conferenza ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) presso la sede dell’OMC a Ginevra.

I ministri di tutto il mondo si sono incontrati per esaminare il funzionamento del commercio multilaterale con l’obiettivo di agire sui futuri lavori dell’organizzazione verso la transizione ecologica.

Il conflitto in Ucraina e i recenti blocchi legati alla pandemia in Cina hanno frenato il commercio globale di beni nella prima metà del 2022, secondo l’ultimo barometro sul commercio globale di merci dell’OMC. Il valore attuale di 99,0 rimane leggermente al di sotto del valore di base di 100 per l’indice, che è un insieme di indicatori in tempo reale.

Il commercio globale dei beni

La storia dell’OMC ripercorre l’evoluzione del commercio globalizzato. Dalla nascita, nel 1995, i volumi del commercio globale sono più che raddoppiati e le tariffe globali medie sono scese al 9%, con miliardi di persone che attraverso l’economia globale hanno potuto avere accesso a maggiori risorse.

Col tempo le aziende hanno creato catene di approvvigionamento globali, sfruttando manodopera a basso costo e abbondanti materie prime nei paesi in via di sviluppo come la Cina. L’elezione di Trump prima, la pandemia e la guerra in Ucraina poi hanno portato a una contrazione importante del commercio globale che solo a fatica potrà tornare a valori precedenti questo periodo. Il pericolo è quello della creazione di blocchi economici distinti con ideologie, sistemi politici, standard tecnologici diversi.

Stati Uniti, UE e Canada hanno privato la Russia del suo status di nazione più favorita, la regola dell’OMC che significa offrire a ogni membro le stesse condizioni commerciali minime.

Cosa può fare l’Organizzazione mondiale del commercio?

Le sfide della 12esima conferenza ministeriale dell’OMC riguardano temi quali i sussidi alla pesca, la sicurezza alimentare, l’equità dell’acceso al vaccino Covid-19 e la governance della stessa OMC.

In generale i venti del multilateralismo globale sono meno forti di un tempo e tutti i principali stakeholder sulla scena globale perseguono strategie diverse: gli Stati Uniti stanno cercando di investire nei paesi alleati, seguendo una politica che chiamano “friendshoring”; la Cina sta da tempo creando un network importante in Africa con partner commerciali attraverso la Belt and Road Initiative; l’Unione Europea è alla ricerca di partnership più affidabili e alternative alla Russia per gas e petrolio puntando al nord Africa.

Proprio l’UE, storicamente entusiasta sostenitrice del commercio aperto e globalizzato, persegue quella che definisce una politica di “autonomia strategica”. La frammentazione mondiale sembra sia un trend destinato a durare.

L’accordo sulla pesca

Un buon risultato ottenuto dall’OMC in questa conferenza è quello relativo alla pesca. “L’accordo – dice Ngozi Okonjo-Iweala, direttrice generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio – riguarda il sostentamento dei 260 milioni di persone che dipendono direttamente o indirettamente dalla pesca marina”. Vieta il sostegno alla pesca illegale non dichiarata, alla pesca di stock sovra sfruttati e compie il primo ma significativo passo avanti per frenare i sussidi alla pesca eccessiva, ponendo fine ai sussidi per la pesca in alto mare non regolamentata.

Un passo in avanti importante per quanto riguarda questo settore, anche in ottica di sostenibilità e preservazione della biodiversità. Ma per quanto riguardo l’OMC, organizzazione in difficoltà dalla propria nascita, i dilemmi sulla propria utilità e sul futuro del commercio globale sono tutt’altro che risolti.