L’intelligenza artificiale può contribuire a definire alcune soluzioni alla crisi climatica ma anche aggravare il consumo energetico. L’IA aumenta l’utilizzo di energia dei data center, minando gli sforzi di sostenibilità. Le imprese devono migliorare la gestione dei dati per ridurre l’impatto ambientale ed è tempo di parlare di alimentazione dei data center attraverso energia pulita. La trasparenza è cruciale per trovare il giusto equilibrio.

Intelligenza artificiale e impatto materiale

Secondo quanto scrive il Guardian, le affermazioni che descrivono l’intelligenza artificiale come un aiuto per risolvere la crisi climatica sono fuorvianti. “Non è che l’intelligenza artificiale ci stia liberando del motore a combustione interna. Le persone saranno indignate nel vedere quanta più energia verrà consumata dall’IA nei prossimi anni”, ha detto Michael Khoo, direttore del programma di disinformazione climatica Friends of the Earth, parte della coalizione Climate Action against Disinformation, che ha pubblicato un recente rapporto sul tema.

Negli Stati Uniti, ci sono già prove che la vita delle centrali elettriche a carbone si sta prolungando per soddisfare la crescente domanda di energia dell’IA, che potrebbero aumentare in termini enormi i consumi. L’uso dell’IA rischia quindi di aumentare il consumo di energia proprio a causa di tutti i nuovi data center necessari. Sicuramente l’intelligenza artificiale offre alcuni strumenti convincenti per combattere il cambiamento climatico, come il monitoraggio delle emissioni, della deforestazione, l’identificazione delle perdite da inquinamento e il monitoraggio degli eventi meteorologici estremi, ma l’impatto sulla crisi climatica non è positivo in termini assoluti.

Il rovescio della medaglia

Mentre l’85% delle organizzazioni attribuisce un alto livello di importanza strategica al raggiungimento dei propri obiettivi di sostenibilità, solo il 16% ha integrato la sostenibilità nelle proprie strategie e nei propri dati, secondo lo studio The Global Sustainability Barometer. L’archiviazione, l’accesso e l’elaborazione dei dati stanno emergendo come uno dei principali fattori dannosi per l’ambiente, compresa la gestione della supply chain da parte delle imprese. Rispetto alle attività del passato (carta, floppy e Cd) la raccolta dei dati e la loro archiviazione oggi avviene prevalentemente in cloud, il che potrebbe indurre a pensare che l’impatto in termini di risorse energetiche sia minimo.

Ma appunto l’archiviazione, l’accesso e l’elaborazione dei dati è uno dei principali aspetti ambientali negativi del business. Basti pensare che ogni volta che viene fatta una domanda a ChatGPT si consumano 500 ml d’acqua e che nel suo ultimo rapporto ambientale, Microsoft ha rivelato che il suo consumo globale di acqua è aumentato del 34% dal 2021 al 2022 (a quasi 1,7 miliardi di galloni, o più di 2.500 piscine olimpioniche). Questo forte aumento rispetto agli anni precedenti alcuni ricercatori esterni lo legano alla ricerca sull’intelligenza artificiale. L’innovazione tecnologica ha un costo. Il 4Q23 dello U.S. Data Center Market Report di Newmark, che analizza il ruolo dell’IA nell’alimentare i massimi storici nella domanda e nello sviluppo dei data center, evidenzia le principali lacune nell’infrastruttura esistente, poiché si prevede che il consumo energetico dei data center raggiungerà i 35 gigawatt (GW) entro il 2030, rispetto ai soli 17 GW del 2022.

Dati più green

Le aziende devono implementare metriche reali e implementare dashboard che i loro dipendenti effettivi possano comprendere. Sebbene gli amministratori delegati e i consigli di amministrazione abbiano fatto della sostenibilità una priorità, hanno bisogno di aiuto per l’esecuzione. Ad esempio, lo studio Barometer ha rilevato che il 61% delle organizzazioni utilizza l’intelligenza artificiale per monitorare il consumo di energia e solo il 34% utilizza i dati attuali per prevedere il consumo energetico futuro. Come scrive Supply chain brain, la buona notizia è che ci sono modi per semplificare drasticamente l’archiviazione e la gestione dei dati. Attualmente l’archiviazione dei dati della maggior parte delle aziende non è all’avanguardia, quindi il potenziale per ottimizzare la conservazione delle risorse è alto, e ciò potrà ridurre lo spreco e abbattere le emissioni.

Un primo passo può essere quello di capire a quali dati non si avrà bisogno di accedere immediatamente in tempi brevi, inserendoli così in una forma più efficiente di archiviazione per utilizzare molta meno elettricità e acqua. Presto potrebbe essere necessario segnalare le emissioni per gigabyte di dati e persino per dipendente, sostiene Scb. Per questo motivo è necessario coinvolgere tutto l’ecosistema, comprendendo l’impronta di carbonio dei dati per poter disaccoppiare carbonio, innovazione e crescita. La chiave potrebbe essere quella di aumentare la sinergia tra IT e procurement per capire quali sistemi sono più sostenibili, anche nell’utilizzo dei data-center. Per fare si che l’IA abbia un impatto positivo sulla crisi climatica, le aziende devono essere più trasparenti e aperte sul loro consumo di energia e promuovere un approvvigionamento di energia pulita in settori strategici, che alimenti i data center e riduca l’impronta di carbonio.