I 14 partner dell’Indo-Pacific Economic Framework for Prosperity (IPEF), alla riunione ministeriale a Detroit, hanno annunciato la conclusione sostanziale dei negoziati di un accordo internazionale sulle supply chain, definito come primo accordo multilaterale unico nel suo genere.

Australia, Brunei, Fiji, India, Indonesia, Giappone, Repubblica di Corea, Malaysia, Nuova Zelanda, Filippine, Singapore, Tailandia, Vietnam e Stati Uniti compiono così un passo verso il contrasto dell’influenza cinese.

Un accordo strategico anticinese

Come parte della strategia indo-pacifica dell’amministrazione Biden-Harris, il presidente Biden un anno fa a Tokyo ha lanciato l’IPEF. Sostanzialmente una nuova piattaforma per una cooperazione economica sostenuta con un gruppo di quelli che sono stati definiti “Paesi che la pensano allo stesso modo”, una definizione vaga ma coesiva che oltre a rimarcare la tendenza a fare cerchio attorno a valori democratici (opposti a quelli autoritari cinesi, ma non ad altri partner strategici) mira ad affrontare le sfide all’interno dell’economia globale. Una su tutte, seppure mai citata esplicitamente, la minaccia di Pechino al primato americano.

L’IPEF ha l’obiettivo di aiutare gli Stati Uniti e i suoi partner a plasmare il futuro della cooperazione economica e del commercio in una regione che ospita il 40% del prodotto interno lordo (Pil) globale, con partnership strategiche riguardo l’energia pulita, la fabbricazione di semiconduttori e la biotecnologia. In una riunione ministeriale a margine di un forum della Cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC) a Detroit, nel Michigan, le parti IPEF hanno rilasciato qualche giorno fa una dichiarazione che delinea i principali contorni del nuovo accordo riguardante le catene di approvvigionamento.

Il rapporto sempre più stretto

Le parti che hanno concluso l’accordo hanno definito la volontà di “rendere le [loro] catene di approvvigionamento più resilienti e competitive” e “stabilire un quadro per una cooperazione duratura su questioni come lo sviluppo della forza lavoro, il monitoraggio della catena di approvvigionamento, la promozione degli investimenti e la risposta alle crisi”.

I 14 Paesi hanno dichiarato nuove aspettative condivise per i partner per identificare e monitorare le catene di approvvigionamento per settori critici e beni chiave, migliorare il coordinamento e la risposta alle crisi, rafforzare la logistica, migliorare le condizioni dei lavoratori, promuovere lo sviluppo della forza lavoro e identificare opportunità di assistenza tecnica e sviluppo delle capacità.

Gli Stati Uniti e i loro partner IPEF hanno concordato una serie di nuovi impegni sulla catena di approvvigionamento. Washington si è impegnata in diversi nuovi programmi tecnici e di capacity building: progetti pilota di spedizioni digitali; espansione del programma statunitense Customs Trade Partnership Against Terrorism (CTPAT) nell’Indo-Pacifico; un programma di scambio IPEF STEM; e ulteriori corsi di formazione, simposi e missioni commerciali bidirezionali.

Tre nuovi organi di gestione

Oltre a queste misure specifiche, gli Stati Uniti sperano di far crescere l’impegno e gli investimenti del settore pubblico e privato nella regione, per rimodellare le catene di approvvigionamento e soddisfare i propri interessi nazionali, la resilienza e la competitività seguendo l’agenda del friend-shoring.

Per fare ciò sono stati previsti tre organi interni l’IPEF: il Supply Chain Council per gestire i settori critici; il Supply Chain Response Network per gestire le crisi delle supply chain quando si presentano; e il Labor Rights Advisory Board per meglio monitorare quei diritti dei lavoratori cruciali nelle supply chain.

Le ragioni dei Paesi asiatici

Come sostiene ancora il Center for Strategic and International Studies (CSIS), nel dare priorità alla resilienza e alla competitività rispetto alla pura efficienza, il governo degli Stati Uniti ha trovato partner disponibili, anche se riluttanti, nell’Indo-Pacifico, che sperano di evitare future interruzioni delle catene di approvvigionamento come durante la pandemia di Covid-19.

Restano aperte però le domande su quanto vincolante o incisivo sarà l’accordo e quali accordi aggiuntivi si concretizzeranno in questo ambito prossimamente. Seppure nessun accordo commerciale legalmente vincolante sia stato raggiunto, diversi impegni importanti sono già stati presi e la strada è tracciata soprattutto da un punto di vista della strategia e del posizionamento politico statunitense. Staremo a vedere quali saranno le risposte di Pechino, che già ha definito l’IPEF come un’iniziativa di coercizione economica nei confronti dei Paesi della regione contesa tra le due grandi potenze sempre più in competizione.