La parità di genere nei Cda è un fenomeno in ascesa in Europa, che registra nove dei primi dieci paesi con maggior rappresentanza femminile. Nel procurement, l’aumento della presenza femminile porta innovazione, ma c’è ancora tanta strada da fare. Le aziende con equilibrio di genere nei vertici registrano spesso maggiori profitti, ma l’uguaglianza è anche motore di sviluppo sostenibile. Per una leadership più inclusiva è essenziale affrontare le discriminazioni sul luogo di lavoro.
La parità di genere nei Cda
Secondo la ricerca ESG Ratings Insights: Gender Diversity Metrics and Trend di Sustainable Fitch nove dei primi 10 Paesi con la più alta percentuale di donne nei Cda si trovano in Europa (l’unica al di fuori del continente è la Cina, al decimo posto). Un numero crescente di Paesi ha ormai introdotto leggi che affrontano il divario retributivo di genere.
I settori dell’energia e dell’automotive sono quelli più in ritardo mentre le banche e le istituzioni finanziarie sono le più avanzate, ma soltanto tra i dipendenti e non per quanto riguarda le posizioni di leadership. La rappresentanza femminile nei Cda è più elevata nei settori assicurativo, sanitario ed educativo e le organizzazioni con una percentuale di donne leader superiore alla media sembra abbiano quasi il doppio delle probabilità di essere classificate come aventi una cultura inclusiva rispetto alle altre.
Procurement e uguaglianza
Arrivando al procurement, in un recente rapporto, che ha intervistato 300 Chief Procurement Officer in Europa, Stati Uniti e Asia, la società di ricerca Oliver Wyman ha rilevato che il numero di donne che lavorano nel procurement è percepito come in aumento. Oltre la metà dei Cpo dichiara che il numero di donne che lavorano nella propria organizzazione è superiore a quello di soli tre anni fa.
Anche qui, la parità di genere è più alta in Europa, mentre l’Asia è rimasta indietro, con meno di un quarto delle organizzazioni intervistate che hanno una parità superiore al 40%. Oltre tre quarti (76%) dei dirigenti hanno riferito di percepire “più creatività e innovazione” nei propri team grazie alla presenza delle donne.
Una strada ancora lunga
Il procurement ha ancora molta strada da fare prima di raggiungere uno stato di parità, poiché i dati hanno mostrato che le donne non hanno ancora ottenuto una presa sicura ai livelli più alti della funzione. Nei settori industriali e manifatturieri le donne sono “debolmente” rappresentate. Mentre settori come la finanza e le istituzioni pubbliche sono molto più vicini all’uguaglianza. Come rileva il rapporto, questa potrebbe essere una caratteristica dei modelli di reclutamento e della discriminazione nei principi di assunzione più in basso nella catena.
Ma uno dei risultati della ricerca rileva che nelle organizzazioni più grandi le donne hanno meno probabilità di occupare una posizione di potere all’interno della loro funzione di approvvigionamento, rispetto a quanto accade in un’organizzazione più piccola, e questo nonostante le migliori politiche e pratiche di assunzione basate sulla rappresentanza di genere che hanno di solito le grandi aziende. Ci sono segnali promettenti che la società stia cambiando, anche se lentamente, verso uno stato in cui il genere è equamente rappresentato anche nel procurement.
I benefici della parità
Sembra anche che le organizzazioni che già stanno facendo sforzi significativi verso la parità di genere ne stiano vedendo i benefici. La composizione di genere delle aziende può essere in qualche modo correlata ai profitti, poiché diversi studi credibili dimostrano che le aziende con il maggiore equilibrio di genere nella C-suite hanno maggiori probabilità di ottenere risultati finanziari superiori alla media. Ma oltre ai vantaggi economici, l’uguaglianza di genere è un diritto umano fondamentale e la responsabilità di rispettare i diritti umani è uno standard globale di condotta prevista per tutte le aziende ovunque operino.
Parità di genere, lavoro dignitoso e crescita economica e riduzione delle disuguaglianze sono tutti obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Onu e hanno un effetto moltiplicatore in tutte le altre aree di sviluppo. Per avere sempre più donne in ruoli di leadership, i datori di lavoro dovrebbero affrontare le preoccupazioni relative alla discriminazione di genere e ai luoghi di lavoro tossici sin dalla prima assunzione. Più che sulla necessità di formare dei leader ideali in senso classico, è importante mettere in luce le numerose pressioni che possono manifestarsi, dalle più piccole alle più grandi. A causa di iniziative carenti nell’affrontare questi problemi strutturali, molte donne rischiano di passare al lavoro part-time o lo abbandonano del tutto e spesso per la mancanza di alternative.