Simone Marchetti
Digital Supply Chain Sales Development Manager, Oracle

 

Sono passati molti decenni dalla nascita dei primi movimenti per la difesa dell’ambiente, ma solo ai giorni nostri, grazie al fenomeno Greta, una moderna e più diffusa ondata di coscienza green ha elevato il dibattito politico, rinforzando nel contempo, la domanda di sostenibilità rivolta alle aziende e alle  istituzioni.

Attualmente, le nuove piattaforme digitali garantiscono una maggiore capacità di comunicazione e quindi possibilità per i nuovi movimenti di aggregare consenso e, soprattutto, di indirizzare rapidamente i loro messaggi verso la classe dirigente. Gli stessi strumenti, rendono d’altro canto possibile lo sviluppo di nuovi modelli di business come il commercio elettronico e il paradigma della sharing economy favorendo la realizzazione di un panorama di piena globalizzazione.

In questo complesso scenario, si possono osservare nuove dinamiche industriali, portatrici di forti disruption e capaci di rimescolare le carte su intere catene del valore. 

Si prenda come esempio il mercato automotive. La digital economy, trascinata in un primo momento dagli OTT (Google, Facebook, Amazon, etc.), ha aperto il fronte a un nuovo modello di ingaggio del consumatore. Un contesto dove questo diviene finalmente centrale. È proprio in questa particolare condizione che il fenomeno Tesla, con un modello di business assolutamente innovativo, in poco meno  di dieci anni ha saputo scuotere un settore tradizionale come quello dell’auto, spingendo i marchi leader a sviluppare modelli di auto elettriche, così da incontrare il favore di una nuova clientela ecologista e un sistema di regole rinnovato (si vedano i blocchi del traffico cittadino o la nuova modalità di calcolo del fringe benefit per le auto aziendali).

Siamo di fronte, in questa nuova era dell’informazione, a fenomeni che, apparentemente distanti, convergono e guidano processi di profonda riconfigurazione della nostra società.

Alle aziende impegnate in questo difficile passaggio, non rimane quindi che muoversi sullo stesso campo di gioco dei nuovi player interpretando al meglio le nuove regole del mercato digitale. Anche i settori più tradizionali stanno aderendo al paradigma della data driven organization, ridisegnando pesantemente la loro mission, in funzione di un nuovo cittadino/cliente/utente sempre connesso e attento alla sostenibilità.

La supply chain diviene oggi abilitatore indispensabile e motore di innovazione. Se da un lato la digitalizzazione degli strumenti che nel loro complesso realizzano il front end (punto di contatto con l’utente finale), può dirsi un processo ormai maturo (siamo tutti consumatori digitalizzati grazie a smartphone, connettività e social), le operations, per loro natura più complesse, sono ancora nel mezzo del percorso di trasformazione. 

Le supply chain tradizionali, rappresentabili come sistemi lineari, hanno visto per decenni la definizione di relazioni funzionali sequenziali. Catene organizzate in silos dove i task assegnati al singolo attore divenivano input per la fase successiva del processo. Il cliente posizionato come elemento terminale di questa rappresentazione. È evidente come queste organizzazioni non sono più funzionali agli attuali modelli di business. 

Le moderne supply chain sono sistemi complessi, fortemente interconnessi e molto dinamici. Strutture capaci di conferire agilità all’impresa, riconfigurarsi velocemente sulla base di esigenze che mutano con rapidità. Si potrebbero rappresentare come reticoli multidimensionali, con attori dalla posizione intercambiabile. E con il cliente al centro. Soprattutto.

C’è poi la questione dei dati. O meglio delle informazioni. Nelle organizzazioni tradizionali le informazioni erano utilizzate solo per gli scambi tra i vari elementi della catena, in modo sincrono e in momenti ben identificati. Oggi viviamo immersi in un flusso continuo di dati. Le moderne supply chain sono tanto più efficienti quanto più riescono a farsi interpreti degli insight che queste informazioni trasportano. E prendere le decisioni funzionali al business sulla base di questi.

Sul piano della sostenibilità si aprono numerosi fronti. Modelli così complessi come quelli descritti rendono più difficile valutare gli impatti sul sistema nella sua totalità. Soprattutto quando si modificano profondamente modelli consolidati. 

L’auto elettrica, nel suo ciclo di vita completo, è realmente più sostenibile di un’auto con motore a combustione interna? Il modello e-commerce trainato da Amazon, che impatti ha sull’ambiente? Come trasforma la vita delle città Airbnb? E la gig economy che riflessi porta sulla società?

Nella nuova economia la logistica rappresenta uno degli aspetti che più merita attenzione. È questa l’area di processo maggiormente responsabile in termini di emissioni di CO2. Aerei, navi, automezzi che si muovono attraverso siti produttivi o di trasformazione e snodi distributivi, sino ad arrivare al cliente finale. La logistica diviene un differenziale competitivo e quindi come tale assume un ruolo determinante. Mantenere l’equilibrio tra tutti i requisiti è la vera sfida attuale.

I modelli customer centric hanno portato ad una pesante revisione dei modelli logistici tradizionali. La competizione si è spostata dal prodotto/servizio all’esperienza. E l’esperienza è direttamente legata alla capacità di soddisfare con immediatezza i bisogni dei nuovi consumatori digitali, che esigono la stessa prontezza garantita dalle applicazioni presenti sui loro smartphone. L’acquisto on-line è di fatto un acquisto di impulso. E più si è rapidi nella consegna del bene prescelto (o nella erogazione del servizio), più si abbassa la probabilità che questo venga restituito. Recenti studi hanno dimostrato che ritardare di 24 ore la consegna di prodotti quali abbigliamento e calzature, fa aumentare del 25% la probabilità di reso. Questa nuova esigenza si riflette a ritroso lungo tutta la catena.

La logistica di ultimo miglio è il vero front-end tra azienda e cliente finale. Oggi è necessario assicurare un contatto continuo tra corriere e cliente. Attraverso applicazioni dedicate che consentono di monitorare lo stato delle consegne, riprogrammare orari e luoghi di consegna, aggiungere eventuali informazioni utili al corretto espletamento della consegna. Qui si gioca la parte più importante della partita.

La logistica inversa rappresenta un costo non associato a nessuna forma di ricavo, ma una buona politica di restituzione permette di fidelizzare il cliente o batteew la concorrenza. Questo costo deve quindi essere ottimizzato.

Il magazzino diviene il cuore pulsante della supply chain. Qui si gioca la partita e si assicura il business case. L’equilibrio nel dimensionamento del magazzino, la capacità di costruire e gestire architetture distribuite, l’handling interno sono solo alcuni degli aspetti chiave che vanno ben progettati.

La strategia di Oracle è stata quella di creare una soluzione applicativa completa, che consente di coordinare tutte le attività logistiche, così da rispondere alle nuove esigenze del mercato. Nel dettaglio, grazie a tale soluzione, è possibile armonizzare tutti i flussi di trasporto e warehousing, integrando tutti gli attori ingaggiati nel processo. La capacità di programmare in maniera efficiente l’intera catena definisce il paradigma della modern logistic. Un paradigma incentrato sull’utilizzo proattivo di tutte le informazioni disponibili e l’adozione delle tecnologie emergenti. l’IoT consente di raccogliere informazioni dal campo, permettendo di ricostruire nel dominio digitale una copia fedele del mondo fisico. L’intelligenza artificiale permette di analizzare uno scenario così complesso e restituire, real-time, un quadro decisionale che consente di ottimizzare le strategie di distribuzione. La blockchain, in ultimo, che assicura trust tra tutti gli attori coinvolti, riducendo le frizioni su tutta la catena e velocizzare le transazioni tra le parti.

Grazie a questo approccio moderno, diviene possibile disegnare processi logistici capaci di ottimizzare l’utilizzo delle risorse, soddisfare il cliente e garantire, allo stesso tempo, la minima impronta possibile al nostro pianeta.