L’Unione europea è riconosciuta come una delle istituzioni internazionali più sensibili alle questioni ambientali. Come parte del Green Deal Europeo, lavora costantemente a nuove normative che dovrebbero portare a misurazioni puntuali d’impatto ambientale. Nel 2019 ha creato una cornice normativa per gli obiettivi ESG, ovvero il Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), implementato dal 2021, che si inserisce all’interno del Piano d’azione per la Finanza sostenibile.

L’SFDR ha l’obiettivo di introdurre informazioni obbligatorie e standardizzate sulle caratteristiche ESG dei prodotti di investimento e contrastare fenomeni di greenwashing finanziario. Ma per il futuro si prospettano nuove regole stringenti che costringeranno molteplici realtà anche non finanziarie a dotarsi di strumenti per misurazioni puntuali.

Le nuove regole: oltre la finanza

Un’inchiesta di IrpiMedia di novembre 2022 ha spiegato come al momento ci sia una sostanziale confusione riguardo le normative UE, che genera opacità quando si tratta di valutare l’effettiva sostenibilità dei fondi di investimento. Spesso, infatti, si trovano fondi che si dichiarano sostenibili pur avendo nel proprio portafoglio aziende che operano nel settore dei combustibili fossili. Ciò è determinato dall’assenza di obbligatorietà di reporting e dal fatto che non esistono voci precise sul controllo delle aziende in cui si investe.

Per superare questa ambiguità, la Commissione europea sta studiando due ulteriori normative che andranno a integrarsi al Piano di azione per la finanza sostenibile. La prima è la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), le cui regole sono definite dagli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), tramite cui le informazioni sulla sostenibilità entrano nella parte iniziale del bilancio annuale e devono essere trattate con lo stesso rigore delle informazioni finanziarie.

L’altra direttiva è la Corporate Sustainability Due Diligence (CSDD), al momento ancora in fase di consultazione e che dovrebbe diventare operativa nel 2025. Mentre la CSRD renderà obbligatorio per le società pubblicare obiettivi e politiche di sostenibilità, la direttiva CSDD dovrebbe obbligare tutta la filiera produttiva ad adattarsi.

Cosa cambia: nuove responsabilità

Fino ad ora, le aziende che hanno pubblicato informazioni sulla loro impronta di carbonio lo hanno fatto in gran parte volontariamente, motivate dal desiderio di essere responsabili o per ottenere un vantaggio competitivo. Questi cambiamenti richiederanno, sostanzialmente, alle aziende di misurare in modo più puntuale le loro impronte di carbonio, su un ambito più ampio e in modo più dettagliato.

Con l’implementazione degli ESRS, si richiederà legalmente alle aziende di fornire un resoconto completo delle loro impronte di carbonio. Non solo il carbonio generato in loco, ma anche il carbonio nel trasporto, nei processi e nell’utilizzo a monte e a valle, ovvero di tutte le emissioni della catena del valore. Quindi le implicazioni vanno oltre la gestione della supply chain e presentano requisiti normativi forse senza precedenti.

L’introduzione dell’ESRS richiederà progressivamente alle aziende di fornire le proprie impronte di carbonio, fornendo una guida unica indispensabile alle imprese che operano in UE. Tuttavia, creerà anche un notevole onere di rendicontazione che le aziende devono anticipare e a cui prepararsi. Inoltre, il regolamento richiede assicurazioni di terze parti sulle divulgazioni e sarà soggetto a audit, rafforzando l’analogia con l’informativa finanziaria.  Sebbene i dettagli siano ancora in fase di revisione, si prevede che i requisiti di reporting includeranno Scope 1,2, e 3. Ciò implica che le aziende saranno obbligate a raccogliere dati estesi da fornitori e clienti, aumentando la sinergia.

Il ruolo centrale della tecnologia per far fronte alle novità

Ogni azienda dovrà progettare la propria strategia riguardo le emissioni: metodi di contabilizzazione chiari, dati necessari, raccolta e condivisione dati. Con una posta in gioco così alta, la qualità dei dati è fondamentale. L’utilizzo delle medie di settore è uno strumento che sarà probabilmente insufficiente per la maggior parte dei partner della catena del valore.

Quando gli standard dettagliati saranno pubblicati a giugno, molte domande riceveranno risposta su cosa sarà incluso nei requisiti. Molte aziende, sotto l’egida di obiettivi di sostenibilità volontari, hanno limitato i loro sforzi nell’ambito Scope 3 con esortazioni sui fornitori a migliorare la loro impronta. È probabile che queste relazioni si evolveranno poiché la rendicontazione del carbonio sarà un elemento obbligatorio per un’offerta di servizi o prodotti, cambiando la natura delle relazioni commerciali. Le novità potrebbero cambiare le decisioni strategiche di approvvigionamento, la progettazione del prodotto e, naturalmente, i costi unitari.

Gli impatti si estenderanno anche oltre i confini dell’UE, alle società importatrici nelle industrie a più alta intensità di carbonio. È bene che tutte le aziende si preparino ad affrontare il cambiamento per superare una sfida unica e fondamentale.