Intelligenza artificiale, automazione, industry 4.0, nei prossimi decenni lo sviluppo tecnologico cambierà profondamente il mondo del lavoro e quello economico, ridisegnando forze e contrappesi.

Di questa evoluzione, in parte già iniziata, non si conoscono ancora le dinamiche ma, se da un lato porterà ad una semplificazione e velocizzazione dei processi, dall’ altra metterà a rischio milioni di posti di lavoro.

Con quali dinamiche e velocità la robotizzazione riuscirà a penetrare le diverse professioni, è la domanda alla base di un report formulato da McKinsey, intitolato A Future that works: Automation, employement and productivity, e in quest’ ottica, il mondo del procurement non fa eccezione.

Parte dei processi del mondo degli acquisti, come la pianificazione e l’elaborazione dei dati, già si presta a diventare sempre più automatizzata. Otre che una minaccia per il proprio ruolo, in realtà questa evoluzione dovrebbe potersi trasformare per la risorsa in carne ed ossa, in un’ opportunità, ossia quella di avere il tempo di dedicarsi ad altri aspetti del suo lavoro sviluppando nuovi skills, quelli troppo umani perché un robot possa metterci mano.

E quale processo più umano della negoziazione? Una delle dinamiche più antiche del mondo, introiettata nell’ uomo di procurement. Che sia una dote o una capacità tutta da acquisire (e qui per un approfondimento vi rimandiamo ad uno studio del professore Gavin Kennedy della Edinburgh Business School), le interazioni umane che si instaurano in fase di contrattazione, la componente emotiva e linguistica, unita a quella cognitiva come il ragionamento logico e la risoluzione dei problemi, sono indubbiamente una prerogativa tutta umana.. almeno per ora!.