Il 28 marzo il Consiglio dei ministri ha approvato il Nuovo codice dei contratti pubblici, entrato in vigore a inizio aprile e operativo dal 1° luglio. La logica di questa nuova norma, che deriva da un impegno già del governo Draghi con la Commissione europea, è quella di far fronte alle necessità di rispettare le scadenze e utilizzare le risorse del Pnrr, nel segno di maggiore semplificazione e digitalizzazione.
Da un punto di vista formale il Nuovo Codice viene snellito diventando un libro unico di 229 articoli senza rimandi ad altre norme e leggi. I 36 allegati hanno sostituito le 104 norme secondarie e rendono il provvedimento applicabile una volta reso operativo. Il governo italiano, soprattutto per via del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ha espresso piena soddisfazione. Ma non mancano critiche e suggerimenti autorevoli per migliorarlo.
La via della semplificazione
Tra le norme più importanti troviamo la liberalizzazione degli appalti sottosoglia, ovvero la possibilità di affidi diretti senza bandi di gara. Il nuovo codice prevede gli affidamenti diretti fino a 150mila euro, poi fino a 1 milione con procedura negoziata senza bando invitando cinque imprese, e fino alla soglia Ue di 5,38 milioni con l’invito di dieci imprese. Fino a 500 mila euro, inoltre, le piccole stazioni appaltanti potranno procedere senza passare da quelle qualificate. L’appalto integrato – l’affidamento di progettazione ed esecuzione allo stesso operatore – è sempre consentito, così come il subappalto a cascata. È prevista la riduzione da 3 a 2 livelli di progettazione (restano fattibilità tecnico-economica e progetto esecutivo) e la tutela del “Made in Italy” e il “Made in Ue” come criteri premiali che valorizzino le aziende italiane ed europee.
L’entrata in vigore del nuovo codice appalti porterà in dote la definitiva messa a regime delle deroghe varate durante la pandemia per accelerare l’assegnazione degli appalti di piccolo e medio importo. Il risultato, secondo l’Associazione nazionale anticorruzione (Anac), sarà che ben il 98% degli affidamenti nel campo dei lavori pubblici potrà essere negoziato e assegnato senza bando di gara. Nel rispetto della trasparenza e della concorrenza, dovranno garantire l’affidamento del contratto e l’esecuzione nel minor tempo possibile secondo il principio del risultato. Parallelamente, il Codice sancisce anche il principio della fiducia, che valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici.
Nel Codice viene rivisto infine il “principio di rotazione”, per cui deve essere escluso l’affidatario del precedente appalto da quello successivo, quando l’Ente invita una quantità di Operatori Economici inferiore a quelli che hanno manifestato l’interesse verso la procedura negoziata. La novità riguarda la possibilità di non escludere coloro che sono stati invitati alla precedente procedura a patto che questa non sia rientrante nello stesso “settore merceologico”, un campo più ampio del termine “categoria merceologica” che invece definisce un perimetro più ristretto. In questo senso, seppure un Operatore abbia fornito un bene o servizio non appartenente alla stessa “categoria” merceologica, se quel bene fa parte del “settore” merceologico verrà automaticamente escluso.
La digitalizzazione e l’e-procurement
La digitalizzazione delle procedure entrerà in vigore dal 1°gennaio 2024. Una Banca dati nazionale dei contratti pubblici conterrà le informazioni relative alle imprese, una sorta di carta d’identità digitale consultabile senza che sia necessario per chi partecipa alle gare presentare di volta in volta plichi di documentazione. Vengono previsti anche il Fascicolo virtuale dell’operatore economico, piattaforme di approvvigionamento digitale, l’utilizzo di procedure automatizzate nel ciclo di vita dei contratti pubblici. Previste anche misure tecniche e organizzative a presidio della sicurezza informatica e della protezione dei dati personali.
In relazione al tipo di procedura di affidamento, ove possibile le stazioni appaltanti e gli enti concedenti ricorrono a procedure automatizzate nella valutazione delle offerte. Non è chiaro se spariscano gli obblighi o sia da riesumare l’art. 3 del previgente Codice riguardo a cosa significhi “mercato elettronico” e in relazione agli strumenti di acquisto e negoziazione, che stabiliscono il perimetro degli obblighi di utilizzo degli strumenti delle centrali appaltanti. La semplificazione potrebbe lasciare più ampia discrezionalità al procurement, maggiormente libero di gestire i criteri di valutazione, di selezione, di congruità economica.
Le critiche e le proposte di miglioramento
Nonostante la soddisfazione per l’approvazione del Codice, l’alto grado di semplificazione e le prospettive di digitalizzazione, non sono mancate critiche autorevoli di chi ne ha sottolineato alcune problematicità. Come il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, che ha espresso alcune preoccupazioni riguardo la parte del Codice relativa all’affidamento senza gara. Busia ha lodato la digitalizzazione che obbliga a trasparenza ma resta critico nell’assegnazione diretta sotto i 150.000 euro per il rischio di scelta dell’impresa più vicina e non di quella migliore. Secondo Busia, caduto vittima di polemiche politiche svolgendo il ruolo indipendente che è chiamato a ricoprire, viene semplificata la procedura ma a sacrificio della trasparenza, della concorrenza, delle tutele e della qualità delle opere pubbliche.
Di avviso simile anche Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, secondo cui oltre alla poca trasparenza ci sono i rischi legati alla probabile decisione di molti enti di assegnare i contratti solo alle grandi imprese per non esporsi a contestazioni, finendo per penalizzare le piccole e medie realtà. Mentre sul punto dei i subappalti a cascata il sindacato dei costruttori Fillea Cgil, nelle parole del presidente Alessandro Genovese, sottolinea il timore che si creino situazioni di scadimento qualitativo perché si delineerebbe un’erosione delle condizioni del lavoro e dei lavoratori.