Un recente rapporto Save the Children evidenzia una discrepanza tra uomini e donne nell’occupazione in Italia nel 2023 tra le più ampie dell’Unione europea. Investimenti limitati ostacolano il progresso, ma il gender-responsive procurement potrebbe rivoluzionare lo scenario. UN Women propone misure per promuovere l’empowerment femminile attraverso politiche di acquisto inclusive, fondamentali per una vera parità di genere.

Un equilibrio impossibile

Un nuovo report di Save the Children dal titolo Le Equilibriste – La maternità in Italia sottolinea come la differenza tra il tasso di occupazione degli uomini e delle donne nel 2023 era di 17,9 punti percentuali, tra le più ampie dell’Unione europea. Il tasso di occupazione femminile nel 2023 è stato infatti del 52,5%, contro una media europea del 65,8. Una situazione è determinata principalmente dalla minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e non da un vantaggio di presenza da parte degli uomini, sottolinea il report. Tra le motivazioni, il report individua le difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia e la mancanza di asili nido, che spingono numerose donne a lasciare il lavoro o a adattarsi a contratti part time.  Il 31,3% delle lavoratrici è impegnata infatti solo part time, ma per la metà dei casi non si tratta di una libera scelta.

Nel documento si legge che “secondo le stime Eurostat (2022), considerando le attività economiche, in Italia le donne rappresentano l’85% degli occupati nel settore del lavoro sociale, il 75% nel settore dell’istruzione, il 68% nel settore della sanità; considerando invece le professioni, sono soltanto il 18% dei professionisti e il 28% dei manager”. Una discrepanza non solo di accesso al mercato del lavoro ma anche a determinate professioni che nonostante i proclami restano appannaggio del genere maschile che porta a “una chiara disparità di genere nelle posizioni apicali e nei salari, con solo il 21% dei dirigenti aziendali nel 2022 rappresentato da donne”.

Una situazione stagnante

Rispetto agli investimenti aziendali in strategie di equità, diversità e inclusione, a gennaio di quest’anno il il sondaggio di Barnett Waddingham, società di consulenza indipendente del Regno Unito, ripreso dal Sole 24 Ore, ha intervistato 300 responsabili delle risorse umane e dei C-suite rilevando che solo il 17% ha confermato che la propria azienda ha introdotto e investito in buone pratiche. Tanto gli investimenti in parità di genere che in diversità ed inclusione, secondo Barnett Waddingham, sembra stiano perdendo terreno a causa di sfide come l’aumento dei costi operativi, le risorse per la catena di approvvigionamento e le richieste di aumenti salariali.

Ma l’investimento in questo tipo di pratiche non dovrebbe essere visto in contraddizione con i costi operativi e le risorse per la catena di approvvigionamento, mentre per la voce degli aumenti salariali il problema è diverso e dipende anche quanto questi coinvolgano, ad esempio, dipendenti donne. Inoltre, un ambiente di lavoro più sano, più inclusivo e più equo è fondamentale per migliorare la fidelizzazione e facilitare l’acquisizione di talenti. La mancanza di comprensione dei benefici della diversità e dell’inclusione per il 10%, la formazione e la consapevolezza insufficienti per l’8% e la mancanza di fiducia negli sforzi per la diversità e l’inclusione per il 6%. In effetti, il processo verso un cambiamento nella cultura delle aziende è in corso. Ma affinché si verifichi un vero progresso, la diversità deve essere ampliata e l’inclusione deve diventare un’abitudine.

Parità di genere e gender-responsive procurement

Una adeguata parità di genere può influire sulla soddisfazione dei dipendenti, quindi sulla loro fidelizzazione e anche sulla reputazione dell’azienda, oltre che sulla fiducia degli stakeholder e dei clienti. Il gender-responsive procurement è la selezione di servizi, beni e opere che considera il loro impatto sull’uguaglianza di genere e sull’empowerment delle donne. UN Women ha pubblicato un manuale sugli appalti attenti al genere. Il manuale fornisce alle aziende una comprensione più profonda delle barriere e delle sfide che impediscono alle imprese gestite da donne di accedere e partecipare pienamente alle catene del valore locali e globali. Fornisce inoltre misure sensate e attuabili che le aziende possono intraprendere con le loro decisioni di approvvigionamento strategico per valutare la diversità della loro base di fornitori e per aumentare la quota di imprese di proprietà di donne nei loro approvvigionamenti.

Women’s empowerment principles (Wep) delle Nazioni unite sono un insieme di principi che offrono indicazioni alle imprese su come promuovere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne sul posto di lavoro, nel mercato e nella comunità. Attraverso il gender-responsive procurement, che è una tra le linee guida, le aziende possono contribuire sfruttando le loro politiche e pratiche di acquisto per promuovere l’uguaglianza di genere e incoraggiare i fornitori a migliorare le loro prestazioni in materia di uguaglianza di genere ed emancipazione femminile. È fondamentale diversificare la base di fornitori aumentando l’approvvigionamento da aziende attente alle questioni di genere e da imprese di proprietà di donne. Pertanto, sono necessari un maggiore impegno, un sostegno intenzionale dall’alto e un monitoraggio costante per introdurre misure durature più efficienti ed efficaci.