Alcuni parametri possono aiutare a misurarla e a ottimizzare la programmazione delle scorte

Per quanto tempo la vostra azienda è in grado di continuare a soddisfare la domanda mentre è in corso un’interruzione della supply chain? E quanto tempo impiega a risolverla?

Oggi le catene di fornitura sono sempre più complesse e disastri naturali, cyberattacchi e conflitti geopolitici possono avere un impatto su disponibilità e velocità di fornitura, mettendo a rischio i profitti di un’azienda. Domande come le precedenti, dunque, non devono semplicemente essere prese in considerazione, ma diventare veri e propri parametri per misurare la resilienza di una supply chain e la sua capacità di affrontare una disruption, afferma Craig Guillot in un articolo di Supply Chain Dive.

David Simchi-Levi, professore di ingegneria civile e ambientale e co-direttore del master Leaders for Global Operations al MIT, ha spiegato a Guillot l’importanza, per un’azienda, di misurare la propria capacità di reagire a interruzioni della supply chain con Kpi precisi. Anche perché molti dei rischi in questo senso sono oggi amplificati dal fatto che le catene di fornitura stanno diventando più concentrate, come ha dichiarato Brian Dunch di PwC. Consolidare i rapporti di fornitura e i mercati può portare elementi di efficienza aggiuntivi, ma anche amplificare gli effetti di una disruption.

In particolare, Simchi-Levi ha introdotto due Kpi specifici:

  • Time to Recovery (TTR): il tempo che impiega una struttura o uno snodo della supply chain a ricominciare a funzionare dopo un’interruzione;
  • Time to Survive (TTS): per quanto tempo l’azienda è in grado di continuare a rispondere alla domanda dopo che c’è stata un’interruzione in una struttura in particolare lungo la supply chain.

Il calcolo del Time to Survive permette di mappare l’intera supply chain con una programmazione dei flussi a partire dai nodi a monte fino ad arrivare a valle della catena di fornitura e determinare così la quantità di prodotto che è necessario stoccare in ogni centro di distribuzione. Da qui, si può simulare la rimozione o l’interruzione di un impianto per determinare quanto tempo la supply chain può soddisfare la domanda con la fornitura rimanente.

Tempi TTS brevi nei nodi della catena di fornitura indicano la necessità di ridurre il rischio in caso di disruption, mentre tempi TTS lunghi sono il segnale dell’opportunità di ridurre le giacenze nei magazzini. «Generalmente, un Time to Survive di 60 settimane è molto più di quello di cui un’azienda ha bisogno, perciò rivela l’opportunità di passare a un inventario più strategico», ha affermato Simchi-Levi.

Il Time to Recovery può essere un parametro più soggettivo, poiché misura il tempo che ci vorrebbe per risolvere definitivamente un’interruzione della supply chain. Necessita di informazioni dai venditori e dai fornitori per determinare quanto tempo avrebbe bisogno ognuno per riprendere le operazioni. In una supply chain robusta e resiliente il TTS per ogni struttura dovrebbe essere maggiore del TTR.