I temi principali di questa epoca storica si può dire riguardino le due rivoluzioni che abbiamo all’orizzonte: quella digitale e quella ecologica. Sebbene spesso queste due siano prese singolarmente, la svolta digital e la maggiore sensibilità all’ambiente sono due elementi molto più interconnessi di quello che crediamo.
I rischi climatici come preoccupazione principale
Il Rapporto sui Rischi Globali 2024 del World Economic Forum ha classificato gli eventi meteorologici estremi come il secondo rischio più grave nei prossimi due anni e il più grave in assoluto su un orizzonte temporale di 10 anni. I rischi ambientali continuano a dominare il panorama dei rischi e le condizioni meteorologiche estreme sono il rischio che ha maggiori probabilità di presentare una crisi materiale su scala globale nel 2024, se consideriamo la fase di riscaldamento del ciclone El Niño che si prevede si intensificherà e persisterà fino a maggio di quest’anno.
Sempre le condizioni metereologiche sono anche considerate il secondo rischio più grave nell’arco di due anni e, analogamente alle classifiche dell’anno scorso, quasi tutti i rischi ambientali figurano tra i primi 10 nel lungo termine.
Le sfide della rivoluzione digital
L’IMD World Digital Competitiveness Ranking, prodotto dall’IMD World Competitiveness Center, misura la capacità e la preparazione di 64 economie ad adottare ed esplorare le tecnologie digitali come motore chiave per la trasformazione economica. Basate su una combinazione di dati concreti e risposte ai sondaggi di dirigenti aziendali e governativi, le classifiche digitali aiutano i governi e le aziende a capire dove concentrare le proprie risorse e quali potrebbero essere le migliori pratiche quando si intraprende la trasformazione digitale.
Se questo indice offre un buon spaccato delle economie avanzate – purtroppo l’Italia si ritrova qui solo al 43esimo posto – altri criteri devono essere utilizzati per valutare la rivoluzione digitale in un sistema globale interconnesso. Se prendiamo in considerazione come molte aziende abbiano fornitori anche nel sud globale, tendenzialmente in Paesi agli ultimi posti nelle classifiche per la digitalizzazione o addirittura nemmeno considerati, capiamo quanto sia importante, soprattutto per le aziende più grandi, occuparsi di ciò che accade nelle catene a livello globale per portare a un maggiore equilibrio di digitalizzazione che a sua volta consideri aspetti di sostenibilità.
Tutto si tiene
Otto e-mail emettono tanta anidride carbonica quanto quella prodotta da un’auto che percorre 1 km. Il collegamento tra digitale e sostenibile è un fatto. Una serie di tecnologie digitali basate sull’elaborazione dei dati si stanno affermando come strumenti di vitale importanza per l’adattamento climatico, dimostrandosi validissimi alleati di leader statali ed aziendali nell’elaborare strategie di mitigazione del rischio e, al contempo, una fonte di vantaggio competitivo per il comparto industriale. Serve tuttavia riporre costantemente l’attenzione su quelle che sono le dinamiche inquinanti della tecnologia. La stessa intelligenza artificiale, come mirabilmente dimostrato da ricercatori come Kate Crawford e Vladan Joler, si basa su infrastrutture inquinanti e rapporti di forza che generano disuguaglianze.
Poiché questo al momento – e sarà così per molte migliaia di anni – è l’unico pianeta che abbiano, dobbiamo riflettere sugli impatti derivanti da questa interconnessione. Cosa significa questo per la funzione procurement? Banalmente che, quando riflettiamo sull’importanza dei dati, dobbiamo anche riflettere su come questi vengono effettivamente elaborati e quali sono i processi di approvvigionamento che portano alla costruzione di data center e large-language models. Non sempre più digitalizzazione significa maggiore sostenibilità, per questo è necessario valutare sempre le innovazioni con spirito critico se non attraverso un cieco e duro determinismo tecnologico.