La minaccia del coronavirus ha messo in ginocchio aziende e posti di lavoro. In Italia dal 4 maggio molte realtà hanno riaperto le porte dei propri uffici e hanno ripreso le loro attività. Ma quale sarà il futuro del lavoro? Cosa dobbiamo aspettarci?

Da un certo punto in poi la nostra attenzione dovrà spostarsi dalla pura sopravvivenza all’adattamento alla nuova normalità. I leader dovranno pertanto ripensare il proprio business alla luce del post-coronavirus e capire come integrare le nuove necessità dei lavoratori con il graduale riavvio delle attività. 

In primis la paura giocherà un ruolo cruciale e allungherà i tempi per una ripresa ottimale non solo dal punto di vista dell’uso dei mezzi pubblici e dei luoghi pubblici ma anche dal punto di vista dell’ambiente di lavoro. Ma anche le supply chain globali hanno dimostrato la loro debolezza e le aziende dovranno ricorrere a fornitori e clienti locali.  Un altro punto messo in luce da questa situazione è che la concorrenza per un lavoro sarà sempre più intensa e i bassi livelli di entrate renderanno le aziende più deboli e alla ricerca di modalità di adattamento e vantaggi.

Il futuro del posto di lavoro

Ogni organizzazione ha reagito a suo modo alla crisi e nella maggior parte dei casi la prima risposta è stata lo smart working. Abbiamo dovuto riorganizzare lo spazio domestico e trasformarlo nel nostro ufficio e abbiamo dovuto trasformare il tempo che spendiamo normalmente dentro le mura casalinghe in un “tempo di lavoro”, i cui confini sono spesso labili e si finisce per lavorare più tempo del necessario senza nemmeno sfruttare le pause. La tecnologia è stata senza dubbio  un’ottima alleata. In questo contesto i capi d’azienda hanno iniziato a porsi domande sulla necessità degli spazi di lavoro, una spesa ingente per molte realtà che possiedono uffici di grandi dimensioni e in zone centrali della metropoli e che da oltre due mesi sono bui e silenziosi. Uno spreco forse? 

A proposito di sprechi e come ridurli, le imprese stanno e hanno registrato un enorme calo della domanda spingendole a ripensare la propria struttura e mantenere solo le attività proficue e che rimpolpino la cassa.

Tornare o non tornare in ufficio? 

 La paura del contagio e degli altri raggiungerebbe alti livelli e ogni spazio di condivisione come i bagni, le scrivanie, gli ascensori e la stessa aria condizionata potrebbero minacciare l’equilibrio e il rispetto stesso delle norme di distanziamento sociale.  Ma in quanto essere umani abbiamo bisogno del confronto e della condivisione per crescere e imparare. La tecnologia e lo smart working, sebbene di grande aiuto e immediati per superare la fase di lockdown, permettono di proseguire la routine lavorativa ma eliminano qualsiasi contatto sociale. 

Cosa possono fare le aziende?

 Le aziende devono dare risposte veloci e pensare al futuro, cercando sempre di innovarsi e di investire sui propri talenti. A proposito di smart working, le aziende dovranno prestare maggiore attenzione alle infrastrutture hardware, implementare misure di sicurezza informatica e ricorrere a software per la collaborazione tra colleghi, per valutare le prestazioni e per tenere unite le persone tra di loro. Senza dimenticare che pensare al futuro significa preparare i team a gestire una situazione simile se dovesse ripresentarsi e innovarsi significa saper trovare una soluzione nuova a un problema. Per esempio, al posto di un unico grande ufficio in centro città, si potrebbe optare per piccoli hub in cui le persone possono incontrarsi e mantenere maggiormente le distanze. 

Non sappiamo ancora per quanto tempo dovremo rimanere in questa situazione e per quanto tempo il distanziamento sociale sarà in vigore. Un’azienda dovrà avere la capacità di rispondere alla crisi proiettandosi verso il futuro e innovandosi.