Riportiamo l’intervista a Paola Felcaro, Procurement regional category manager EMEA di Schneider Electric, pubblicata sul magazine “The Procurement – Digital Supply Chain & e-Procurement” (Anno 4 Numero 3) nella sezione Sostenibilità.
Schneider Electric è entrata a far parte della Responsible Business Alliance (RBA), un’associazione non profit formata da oltre 120 aziende che promuove standard elevati di rispetto dei diritti umani, sicurezza per le persone e le cose, protezione ambientale, etica di business. Il Gruppo utilizzerà i metodi e gli strumenti elaborati da RBA per il suo nuovo programma strategico di sviluppo fornitori.
Grazie all’ingresso nella RBA, quali nuovi strumenti avrà a disposizione Schneider Electric per valutare i fornitori rispetto alla sostenibilità ambientale e sociale?
La scelta di entrare in RBA è stata fatta perché l’azienda desiderava migliorare ulteriormente la propria gestione del rischio fornitori. Già da anni Schneider Electric ha in vigore un programma di autocertificazione, con un assessment secondo la ISO 26000 che è gestito da EcoVadis, quindi da una terza parte. Con gli strumenti RBA potremo in particolare valutare e supportare i nostri fornitori strategici, con cui abbiamo partnership di lungo periodo, nel quadro di un processo che vuole aumentare la sostenibilità sociale e ambientale del nostro procurement. È un processo per noi strategico perché, come abbiamo sperimentato in questi anni, migliorare questo aspetto della supply chain consente di sviluppare valore aggiunto e di innovare. Ad esempio, quando ci assumiamo una maggiore responsabilità e chiediamo maggiore responsabilità ambientale, etica, sociale sui materiali utilizzati per creare i nostri prodotti, inneschiamo un meccanismo che porta a ricercare soluzioni nuove.
Questo programma verrà inserito nel progetto “Planet&Society Barometer”, il report che misura le performance di sostenibilità del gruppo, e prevede audit sul campo in 300 siti a rischio, Perché gli audit in loco sono importanti?
Gli audit in loco sono estremamente importanti. Rappresentano un momento che non è solo di verifica ma anche di relazione con i nostri fornitori più strategici, ai quali chiediamo il meglio e con i quali ci impegniamo per generare reciprocamente valore aggiunto. Gli audit sui fornitori chiave, non a caso, sono uno dei KPI del procurement, ma anche un elemento del piano di sviluppo strategico dell’azienda. Per il 2018 sono stati già programmati 100 di questi 300 audit in loco.
Quali sono i principali strumenti a disposizione del procurement nella valutazione del rischio ambientale e sociale? Con quali altre funzioni aziendali può lavorare per raggiungere questi obiettivi?
Utilizzando strumenti “classici” come il self assessment basato su ISO26000 – su cui noi lavoriamo con il supporto di Ecovadis, ente terzo – l’obiettivo è comunque di accrescere di anno in anno il numero di fornitori sottoposti ad audit, e di migliorare lo score di quelli che già verifichiamo con questo metodo. Accanto a questo processo, abbiamo in corso una serie di audit interni che facciamo noi sui fornitori per migliorare la qualità dei prodotti e dei servizi, secondo un principio che si riassume nella frase “do more in a sustainable way”, ovvero ottenere prodotti e servizi migliori da offrire ai clienti mettendo in primo piano la sostenibilità. È evidente che si tratta di un percorso in cui il procurement non può lavorare da solo. Noi collaboriamo con chi si occupa di qualità, di logistica, di sviluppo prodotto, con chi segue la produzione in senso stretto: c’è un lavoro di squadra nel sensibilizzare e coinvolgere i clienti interni per i quali attiviamo le procedure di acquisto.
Nella valutazione del rischio dei fornitori, che peso ha oggi il fattore sociale e ambientale? Quali sono i passi “obbligatori” che un’azienda deve compiere per gestire in modo ottimale la supply chain in questo senso?
Rispetto e sostenibilità ambientale e sociale sono sempre più importanti, anche perché hanno sempre maggior valore anche per i clienti finali. Uno dei KPI delle revisioni periodiche che portiamo avanti con i fornitori è proprio lo sviluppo sostenibile: partendo dal punteggio ottenuto nell’anno precedente analizziamo tutte le azioni messe in campo dal fornitore, per capire come si sono sviluppate e quali risultati sono stati ottenuti. Gli altri KPI che valutiamo sono la customer satisfaction, il risparmio sui costi rispetto ai risultati ottenuti in termini di produttività e di competitività, la capacità di creare valore di business, l’innovazione e la cooperazione.
Quali sono i principali rischi ambientali e sociali che possono coinvolgere i vostri fornitori?
Schneider Electric opera su un perimetro globale, in oltre 100 paesi. Il primo aspetto da considerare è quindi la varietà di culture, ambienti e situazioni in cui lavoriamo. Ci possono essere valori diversi, ma noi abbiamo delle linee guida ben chiare che devono essere attuate ovunque. Due sono le cose più importanti su cui chiediamo ai nostri fornitori di lavorare. Una è il rispetto dell’ambiente, in quanto siamo un’azienda che si riconosce nel valore della sostenibilità e ne fa un elemento strategico del business e delle soluzioni che propone; l’altra è il rispetto della parità di genere e della diversità in generale, con l’obiettivo di offrire a tutti pari opportunità e spazi. Una catena di fornitori globale significa che non si può dare per scontato ciò che per noi è scontato, gli standard che per noi sono accettati: per questo è importante stabilire delle regole chiave a cui adeguarsi e che supportino i fornitori nel contenere i rischi.