Il Sustainability Action Report 2024 di Deloitte rivela che solo una piccola percentuale di aziende rendiconta le emissioni Scope 3, che costituiscono la maggior parte delle emissioni totali. Mentre l’ESG diventa una priorità strategica, emergono sfide complesse nella transizione energetica e nella gestione delle emissioni. Le normative internazionali e italiane stanno intensificando gli obblighi di reporting, rendendo cruciale l’innovazione tecnologica e la vigilanza sui dati di sostenibilità.
I ritardi nella rendicontazione delle emissioni
Il Sustainability Action Report 2024 di Deloitte, che esplora lo stato della rendicontazione Esg, mostra che solo il 15% delle aziende rendiconta le emissioni Scope 3, che possono rappresentare fino al 95% delle emissioni totali di un’azienda. Poiché non sono prodotte direttamente dall’azienda, è difficile avere una visibilità completa del loro impatto e le ricerche dimostrano che, mentre il 74% delle aziende divulga le proprie emissioni Scope 1, solo il 15% riporta le emissioni Scope 3. Questo divario rappresenta una grande lacuna nella visione complessiva delle emissioni.
“In un panorama Esg in rapida evoluzione, abbiamo osservato notevoli progressi tra le aziende”, afferma Kristen Sullivan, Partner Audit & Assurance per i servizi di sostenibilità ed Esg presso Deloitte, come riprende Sustainability Mag. Le aziende stanno rendendo la rendicontazione Esg una priorità strategica, con il 98% degli intervistati che riporta un qualche livello di progresso verso obiettivi di sostenibilità nell’ultimo anno. Quasi tutte le aziende intervistate hanno un gruppo di lavoro ESG che si riunisce almeno trimestralmente, e il 43% si riunisce almeno una volta al mese. Per promuovere la crescita dell’economia a basso tenore di carbonio, i leader devono trovare nuovi modi per guidare il cambiamento in tutti i settori e le industrie.
Sfide fisiche per la transizione energetica
Mentre le aziende investono in infrastrutture e risorse per migliorare la rendicontazione Esg, ulteriori complessità possono diventare più visibili. Mekala Krishnan e Tiago Devesa del McKinsey Global Institute (MGI) sostengono che la transizione energetica verso un’economia a zero emissioni nette rappresenta una trasformazione fisica di grande portata, ancora nelle sue fasi iniziali. La loro ricerca si concentra sulle “realtà fisiche” di questa transizione, analizzando le tecnologie, le catene di approvvigionamento e le infrastrutture necessarie per costruire un sistema energetico ad alte prestazioni e a basse emissioni.
Secondo Devesa, ciò implica affrontare le sfide pratiche della trasformazione di settori come l’energia, l’industria e la mobilità, che coinvolgono migliaia di impianti e miliardi di veicoli. Ma nonostante i progressi fatti in settori come l’energia eolica, il solare e le auto elettriche, solo il 10% delle infrastrutture necessarie è stato effettivamente implementato, e rimane molto da fare, quindi, in termini più generali e non solo in ottica Scope 3. Krishnan e Devesa evidenziano che la sfida rimanente, il 90%, è equamente divisa tra compiti più semplici come l’adozione di tecnologie mature, e compiti più complessi, che includono lo sviluppo e lo scaling di tecnologie nascenti come l’idrogeno a basse emissioni, la cattura del carbonio e la produzione industriale decarbonizzata.
Strategie aziendali e innovazione nella sostenibilità
Alcuni compiti relativamente “facili” includono l’espansione dell’uso delle auto elettriche e delle pompe di calore, che sono già in grado di soddisfare le esigenze della maggior parte delle famiglie. Tuttavia, le sfide come la produzione di acciaio a basse emissioni richiedono non solo innovazione tecnologica, ma anche la capacità di scalare soluzioni esistenti e creare nuove catene del valore, ad esempio per l’idrogeno.
Gli esperti consigliano alle aziende di interpretare queste sfide fisiche come un’opportunità per calibrare le proprie azioni di sostenibilità. Identificare iniziative immediatamente realizzabili e preparare strategie per gestire colli di bottiglia futuri, rappresenta un passaggio cruciale per garantire il successo a lungo termine. Le aziende dovrebbero valutare il potenziale di creare valore attraverso innovazione e partnership strategiche, in particolare per affrontare le sfide più difficili. La transizione non riguarda solo il miglioramento di singole tecnologie, ma una trasformazione sistemica.
Il recepimento delle normative in Italia
Le normative internazionali stanno imponendo tagli significativi alle emissioni, e anche sul versante italiano, che ha recepito la direttiva 2022/2464/UE, cosiddetta Corporate Sustainabilty Reporting Directive (CSRD), al fine di rafforzare gli obblighi di reporting non strettamente finanziario con un’estensione alle Piccole e medie imprese.
Questo potrebbe cambiare sostanzialmente l’azione di molte imprese a patto che venga tenuta l’attenzione alta su standard e revisioni, evitando un’eccessiva concentrazione nelle grandi società di consulenza. Come sottolinea Emanuele Bompan di Materia Rinnovabile, “così come la stampa finanziaria ha giocato un grande ruolo negli anni ‘80 e poi 2000 per fenomeni come aggiotaggio, insider trading, falso in bilancio, Ponzi Scheme, etc, ora si deve creare un giornalismo specializzato su queste tematiche che faccia da cane da guardia su false claim, disclosure non finanziarie ritoccate, calcoli delle emissioni distorti, eccessivo uso delle compensazioni, finta sostenibilità sociale, etc.”.