La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Svizzera per non aver rispettato gli impegni climatici, nel primo caso in cui un tribunale internazionale dà ragione ai ricorrenti sul cambiamento climatico, le “Anziane per il clima”. Recentemente la Science Based Targets initiative è stata sotto accusa per aver proposto i controversi crediti di carbonio. La necessità di politiche più rigorose per contrastare il cambiamento climatico e proteggere i diritti umani richiama stati e imprese alle loro responsabilità, anche nella catena di fornitura.
La vittoria delle anziane per il clima
La Svizzera è stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (Cedu) per non aver fatto abbastanza per proteggere i propri cittadini dal cambiamento climatico. Una sentenza poco più che simbolica, perché la Cedu lascia ampio margine agli stati membri di rimediare, ma che costituisce un precedente, in quanto potrebbe incoraggiare i cittadini di altri stati a rivolgersi ai tribunali per chiedere ai propri governi politiche per il clima più stringenti.
La sentenza riconosce per la prima volta il diritto al clima nel contesto dei diritti umani e segna un precedente importante per la giustizia climatica. Il procedimento intentato dall’associazione elvetica KlimaSeniorinnen (Anziane per il clima) – composta da circa 2300 over 65 – con il supporto di Greenpeace Svizzera, ha fatto leva sui pericoli delle ondate di caldo per gli anziani e ha portato la Corte a stabilire che Berna ha agito in violazion dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sul rispetto della vita privata e familiare. Anche altri tribunali, come la Corte internazionale di giustizia, il Tribunale internazionale per il diritto del mare e la Corte interamericana dei diritti dell’uomo sono stati chiamati a rispondere su casi simili.
Le responsabilità della Svizzera
La sentenza non avrà conseguenze pratiche immediate, se non per il fatto che la Corte ha ordinato allo stato svizzero di pagare 80mila euro per coprire le spese legali dell’associazione. Tuttavia, la Svizzera è risultata sconfitta anche in quanto non avrebbe onorato gli impegni presi in passato in materia climatica e perché non ha ancora quantificato come ridurrà le proprie emissioni di gas serra. Facendo riferimento ad alcuni trattati internazionali tra cui l’Accordo di Parigi, la Corte afferma che gli stati membri devono in linea di principio raggiungere la neutralità carbonica entro i prossimi tre decenni come da accordi presi.
Pur dando ragione alle associazioni ambientaliste in questa causa, la Cedu non ha però citato come la Svizzera avrebbe dovuto contrastare il cambiamento climatico. Questo sottolinea le possibilità limitate della Corte e la responsabilità in capo agli stati di prevedere soluzioni politiche per ottemperare ai loro obblighi., riconoscendo che suggerire soluzioni politiche non è una cosa di sua competenza
Nuove problematiche e soluzioni
Recentemente parte del personale della Science Based Targets initiative (SBTi) ha attaccato l’associazione per la decisione di consentire i controversi crediti di carbonio nella gestione delle emissioni, un approccio sostenuto dal suo principale sostenitore finanziario, il Bezos Earth Fund. Alcuni consiglieri di SBTi hanno definito i crediti di carbonio “scientificamente, socialmente e dal punto di vista climatico una bufala” e strumenti che potrebbero fornire una “base di sopravvivenza per le grandi emissioni della catena del valore Scope 3 delle società di combustibili fossili”
Queste strategie potrebbero compromettere il cambiamento necessario e portare all’emergere di nuove responsabilità in capo agli stati e alle imprese. Intanto già altri casi hanno coinvolto un sindaco francese e alcuni giovani attivisti portoghesi. Sul piano istituzionale il Parlamento europeo ha adottato definitivamente l’accordo politico provvisorio raggiunto con il Consiglio a febbraio, volto a istituire il primo quadro di certificazione a livello Ue per la rimozione del carbonio, ma l’iter non è ancora finito.
Le vie per il futuro del clima
Sempre più le aziende in Europa dovranno dimostrare di agire per proteggere l’ambiente e i diritti umani lungo tutta la loro catena di fornitura, specie dopo l’approvazione della direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence (CSDDD). Progressivamente questo dovrà portare a una riduzione delle emissioni di carbonio associate alle spedizioni a lunga distanza e quindi a trasformazioni logistiche o ridefinizioni del rapporto con i fornitori. Per quanto possibile, un’azione volta a dare priorità alle economie locali o nazionali concentrandosi su una corretta due diligence potrebbe da un lato contribuire alla compliance dello stato ma anche a una migliore reputazione aziendale.
Le aziende dovranno delineare chiaramente le loro politiche ed effettuare valutazioni del rischio per dare priorità ai rischi ambientali e ai diritti umani. Questi rischi devono quindi essere affrontati attraverso una varietà di mezzi e strategie. Ma dopo la pronuncia della Corte di Strasburgo è più chiaro che anche i governi saranno ritenuti sempre più responsabili se non agiranno.