La sostenibilità negli acquisti non è più solo una moda, ma un elemento cruciale della strategia aziendale. Tuttavia, raggiungere un approvvigionamento sostenibile è complesso, con sfide che includono la traduzione degli obiettivi di sostenibilità in termini comprensibili per le funzioni di procurement e la difficoltà di monitorare le catene di fornitura globali.
2030: un’impostazione culturale
Verso il 2030, le principali sfide per la sostenibilità includono la difficoltà delle aziende nel tradurre i propri obiettivi di sostenibilità in strategie operative comprensibili per il settore degli approvvigionamenti. Si tratta in parte di diffondere la giusta cultura nella diversità e complessità delle catene di fornitura globali, un elemento che rende difficile monitorare e valutare le pratiche ambientali dei fornitori, aggravato dalla mancanza di dati affidabili e dal rischio di greenwashing.
Inoltre, la resistenza culturale interna e i costi iniziali elevati per implementare pratiche sostenibili rappresentano ostacoli significativi, soprattutto per le aziende con margini ridotti e limitate risorse disponibili. Nonostante i costi iniziali elevati, le aziende devono investire in pratiche sostenibili per ottenere benefici a lungo termine e per allinearsi agli obiettivi di sostenibilità globale.
L’utilizzo della tecnologia per i bilanci di sostenibilità
Come ampiamente discusso, la direttiva CSRD obbligherà circa 50.000 imprese europee, di cui oltre 4.000 in Italia, a redigere un bilancio di sostenibilità includendo la loro impronta di carbonio. Tuttavia, attualmente secondo un sondaggio condotto da PwC, solo il 20% delle imprese è preparato a farlo, e in Italia meno del 10%. La raccolta e gestione dei dati, soprattutto per le emissioni indirette (Scope 3), è una sfida complessa, spesso affrontata con strumenti tradizionali come fogli di calcolo, mentre solo il 20% delle aziende utilizza l’intelligenza artificiale.
Questa tecnologia, sebbene poco sfruttata, può automatizzare e migliorare la qualità dei dati, riducendo tempi e costi, ma non è a impatto zero, quindi deve essere utilizzata con attenzione per massimizzare l’efficienza energetica.
La decarbonizzazione della catena del valore
Per rispondere alla crescente necessità di decarbonizzare la catena del valore negli approvvigionamenti, i CPO dovrebbero affrontare la complessità del processo, soprattutto per quanto riguarda le emissioni di Scope 3, che rappresentano circa il 75% delle emissioni aziendali. Queste emissioni sono difficili da misurare e ridurre a causa della mancanza di dati affidabili e del fatto che le attività della catena del valore si trovano al di fuori del controllo diretto dell’organizzazione. Nonostante queste sfide, la pressione per ridurre le emissioni e raggiungere obiettivi scientificamente validati è aumentata, spingendo le aziende a concentrarsi maggiormente sulle emissioni Scope 3.
Per fare progressi significativi nella decarbonizzazione del processo di approvvigionamento, i CPO e i leader aziendali dovrebbero seguire quattro passaggi fondamentali. Innanzitutto, è essenziale misurare accuratamente l’impatto delle emissioni lungo la catena del valore utilizzando strumenti digitali adeguati e aggiornando regolarmente i dati. Successivamente, bisogna identificare e ridurre le categorie più inquinanti della catena del valore. Il terzo passaggio consiste nel trovare e attivare leve per la riduzione delle emissioni, come modificare le politiche interne o richiedere standard di sostenibilità ai fornitori. Infine, è fondamentale monitorare e migliorare continuamente le strategie di riduzione delle emissioni, integrando questi sforzi come parte centrale della strategia di approvvigionamento aziendale.
Approcci e contesto italiano
La decarbonizzazione è cruciale perché ridurre le emissioni di carbonio è essenziale per mitigare il cambiamento climatico e raggiungere gli obiettivi di sostenibilità globali. Utilizzare la tecnologia è fondamentale per affrontare questa sfida, poiché strumenti digitali avanzati permettono di misurare accuratamente le emissioni lungo la catena del valore, identificare le aree più critiche, e monitorare i progressi nel tempo. Implementando soluzioni tecnologiche, le aziende possono non solo ottimizzare i loro processi di approvvigionamento per ridurre l’impatto ambientale, ma anche adattarsi in modo dinamico e migliorare continuamente le loro strategie di sostenibilità.
La tecnologia, pur essendo un potente strumento per la decarbonizzazione, non deve essere vista come una panacea per tutti i mali. Affidarsi esclusivamente a soluzioni tecnologiche può portare a un approccio superficiale, trascurando aspetti cruciali come la necessità di dati affidabili e il controllo sulle attività della catena del valore. Inoltre, le soluzioni tecnologiche da sole non possono superare le sfide culturali e organizzative, come la resistenza al cambiamento o la mancanza di consapevolezza e competenze in materia di sostenibilità. Per affrontare queste sfide, soprattutto nel contesto italiano, i CPO devono possedere una combinazione di visione strategica, capacità di influenzare e guidare l’intera organizzazione verso pratiche sostenibili, e una solida comprensione delle dinamiche della catena del valore. Devono essere in grado di coniugare l’innovazione tecnologica con una leadership capace di promuovere l’adozione di soluzioni sostenibili, superando le resistenze interne e garantendo un impegno concreto verso la sostenibilità.