Qualche settimana fa vi avevamo parlato delle nuove regole per la sostenibilità delle supply chain in Europa, citando il nuovo Supply Chain Due Diligence Act tedesco come principale spunto per i Paesi europei.
Proprio in Germania recentemente alcuni gruppi industriali hanno presentato la prima denuncia ai sensi del Supply Chain Act tedesco (SCDDA), contro Amazon, Ikea e Tom Tailor per quello che ritengono un “fallimento” della due diligence aziendale
Le responsabilità per l’operato dei fornitori
Il Centro europeo per i diritti umani e costituzionali (ECCHR), la National Garment Workers Federation (NGWF) e l’African Women’s Development and Communication Network (FEMNET) hanno affermato al proposito che la mancanza di controlli di sicurezza da parte di Amazon, Ikea e Tom Tailor dei loro fornitori equivarrebbe, ai sensi del SCDDA, a una violazione della due diligence aziendale.
È la prima denuncia presentata ai sensi della legge entrata in vigore a gennaio, che potrebbe comportare multe fino al 2% del loro fatturato globale se le aziende non riescono a identificare e prevenire le violazioni dei diritti umani e gli impatti ambientali nelle loro catene di approvvigionamento.
Nel merito della denuncia
Presentata nel decimo anniversario del crollo della fabbrica Rana Plaza in Bangladesh che ha ucciso oltre 1.130 persone, la denuncia si basa su una ricerca condotta proprio in Bangladesh nel marzo 2023 dalla NGWF, che ha rilevato la mancanza di ispezioni nelle fabbriche utilizzate dalle aziende e le violazioni di diritti del lavoro come la libertà di associazione. Ma che poco sia cambiato nel settore dell’abbigliamento rispetto a dieci anni fa lo ha rilevato anche il NYU Stern Center for Business and Human Rights.
Il presidente e co-fondatore di NGWF Amirul Haque Amin ha dichiarato: “Dieci anni dopo Rana Plaza, ci sono ancora fabbriche in Bangladesh che producono vestiti per società internazionali come Amazon, Ikea o Tom Tailor, dove non ci sono quasi più controlli di sicurezza. Non possiamo più accettarlo”. I gruppi hanno criticato le aziende per non aver firmato l’Accordo per la sicurezza antincendio e degli edifici che secondo loro potrebbe fornire un meccanismo efficace per migliorare la sicurezza sul posto di lavoro.
L’avvocato e direttore legale dell’ECCHR Miriam Saage-Maaß ha dichiarato quanto a parere loro la mancata due diligence non sia una supposizione ma una certezza. Spetta ora all’autorità tedesca competente, l’Ufficio federale dell’economia e del controllo delle esportazioni, esaminare la denuncia.
Una strada battuta che sarà sempre più percorsa
Il presidente del consiglio di amministrazione di FEMNET, Gisela Burckhardt, ha aggiunto: “Ora è il momento di utilizzare la legge tedesca per obbligare finalmente le aziende che non vogliono assumersi volontariamente la responsabilità delle persone nelle loro catene di approvvigionamento a farlo”. Prendendo atto inevitabilmente dell’impatto delle nuove normative, gli acquisti si ritroveranno a sostenere alcuni costi aggiuntivi dovendo tener conto dei diritti umani e della sostenibilità insieme alla massimizzazione dei profitti, soprattutto nel loro rapporto lungo tutta la catena di fornitura.
Nel decimo anniversario del Rana Plaza, e in considerazione di ciò che sta accadendo in tutto il mondo a causa dei cambiamenti climatici (pensiamo al disastro recente in Emilia-Romagna, per fare l’esempio più recente), è chiaro che le aziende che affermano di rispettare gli interessi saranno sempre più poste nella situazione di comprovarlo attraverso i fatti e buone pratiche. In questo, il ruolo del procurement è sempre più strategico, poiché nella selezione e nel mantenimento di partenariati con fornitori anche esteri ha la possibilità di spingere verso il maggior rispetto delle persone e dell’ambiente. Il tempo di campagne di marketing come quelle di Nike, tacciabili secondo molti di greenwashing, sembra essere ormai agli sgoccioli.