Riportiamo di seguito un estratto dell’articolo di Melissa Tricarico, cofondatrice dello studio Faotto-Tricarico. L’articolo è stato pubblicato sul magazine “The Procurement” (Anno 2 Numero 5) a proposito di smart contract e operazioni negoziali transnazionali. 

Grandissima attualità per gli operatori economici stanno rivestendo gli smart contract, la blockchain e le cryptocurrency. Persino una società come VISA sta sviluppando soluzioni volte a favorire e semplificare le operazioni negoziali transnazionali, rendendole al contempo sicure e svincolate da costi di intermediazione.

Gli smart contract, come noto, sono protocolli informatici – basati su codici crittografici – che facilitano, verificano o fanno rispettare una negoziazione o un contratto e che, secondo i sostenitori più ottimisti (dai quali prendiamo le dovute distanze), renderebbero superfluo il ricorso a un contratto tradizionale.

I pro di tali strumenti sono la stabilità dell’architettura, la pubblicità, l’immodificabilità e certezza del codice. Così per esempio, appena la merce spedita arriva a destinazione, avviene automaticamente il pagamento. Il risparmio in termini di tempi e costi di intermediazione è evidente.

Alla base dello smart contract vi è la block chain, una catena di blocchi che vengono verificati dal sistema (la cui architettura crittografica è lo smart contract), in cui la verifica positiva della realizzazione di tutte le condizioni previste per il singolo blocco consente il passaggio a quello successivo.

Tale sistema, per la sua immediatezza e rigidità, presenta delle possibilità applicative interessanti per tutte quelle transazioni caratterizzate da immediatezza. Il sistema di pagamento delle cryptovalute, infatti, azzera il rischio di insolvenza, considerato che i fondi contenuti nel “wallet” creato per accedere allo smart contract vengono congelati dal sistema una volta immessi i dati della negoziazione.

La certezza e l’affidabilità del sistema, inoltre, consentono applicazioni anche in contesti in cui l’aspetto negoziale è meno evidente, come nel pagamento dei diritti d’autore nell’industria discografica: uno smart contract consentirebbe alle emittenti di corrispondere all’autore i diritti contestualmente alla messa in onda del brano evitando i costi di società di intermediazione.

È stato prospettato, ma non ancora realizzato, l’utilizzo dello smart contract per le aziende di trasporti. Grazie alla verifica immediata di una modifica sul registro della motorizzazione civile, verrebbe previsto il blocco del mezzo di trasporto a colui che ha subito la sospensione della patente.

Pertanto, lo smart contract si presta a una serie di opportunità che meritano di essere considerate e sfruttate dalle imprese, senza trascurare tuttavia le criticità che presenta tale soluzione, vista l’immutabilità del sistema che non consente interventi correttivi a posteriori. Inoltre, non essendo contemplata l’ipotesi di errore da parte del sistema, sarà quindi opportuno preventivo intervento del consulente legale affinché possa integrare le lacune dello smart contract e rimediare alle eventuali falle del sistema ricorrendo necessariamente al contratto tradizionale.

Non si può infatti fare a meno di evidenziare come, innanzi ai primi casi di errore nel caricamento dei dati e di richiesta di rettifica dei dati immessi, il sistema che amministra la block-chain abbia chiarito che si tratta di rischi negoziali che le parti devono preventivamente valutare perché una volta creato lo smart contract gli effetti prodotti, seppure negativi, sono vincolanti.

Tuttavia, caricare sul sistema previsioni specifiche per tutte le ipotesi che possono astrattamente verificarsi, perché non è ammessa alcuna rettifica, determina in capo alle parti dei costi di creazione dell’architettura che finiscono per rendere poco smart tale soluzione. I limiti e le criticità dello smart contract sono ancora più evidenti nell’ambito dei rapporti commerciali di durata, dove la probabilità che si verifichino delle variabili non preventivabili è molto più elevata rispetto ai rapporti “istantanei”. Se in tali casi si ricorresse allo smart contract, senza prevedere un contratto tradizionale alla base dei rapporti commerciali, i costi di negoziazione e di creazione dell’architettura sarebbero estremamente elevati per gli operatori economici.

Del resto “The Law” è ben più antica e complessa del “Code”, lascia spazio all’interpretazione ed è adattabile a tante situazioni anche atipiche. Ma se “the Code is the law”, come sostengono gli smart contractor, allora per ogni contratto il codice deve prevedere l’intera disciplina applicabile, senza possibilità di rimandi.

Come si può rimediare se la merce spedita e giunta a destinazione presenta dei vizi e difetti ma il pagamento è già stato eseguito? In caso di disputa, come determino la legge applicabile? Il codice crittografico è ammesso dall’ordinamento ai fini della validità di un contratto anche quando è prevista la forma scritta ad substantiam?

Le clausole di “buona fede”, “forza maggiore”, “diligenza”, “caso fortuito” come vengono interpretate dal sistema?

E come comportarsi in presenza di un sistema statico che, tuttavia, potrebbe presentare delle falle? Venerdì 17 giugno 2016 DAO, la piattaforma della Ethereum Foundation, è stata attaccata sulla base di un bug presente nel sistema che consentiva, al verificarsi della creazione di una DAO-figlia, il drenaggio un certo quantitativo di token che, secondo il tasso di cambio al momento dell’attacco, ammontava a circa 60 milioni di dollari. L’attacco è stato fatto rispettando le regole (incomplete) del sistema, pertanto, nell’ottica del sistema, era un valido smart contract e il sistema stesso ha consentito l’immediato spostamento dei token dal DAO alla DAO-figlia. La risposta dei programmatori, che per i puristi della Rete costituisce un pericoloso precedente, è stata quella di creare una nuova piattaforma su cui spostare tutte le transazioni, rendendo il sistema non poi così immutabile come è stato fatto credere agli operatori.

Attualmente, anche le istituzioni interpellate, come il Parlamento Europeo, hanno mostrato un approccio cauto volto a non limitare le potenzialità del sistema che è ancora in fase di sviluppo, ma, a nostro avviso, è opportuno affrontare tale novità sempre con senso critico alla luce dei limiti appena evidenziati.

Dal nostro punto di vista, in questa fase di “sperimentazione” del sistema, suggeriamo agli operatori che volessero ricorrere alla block chain, di non affidarsi esclusivamente allo smart contract ma di affiancare tale strumento con un contratto classico che, invece, disciplini gli aspetti che necessitano di flessibilità e adattamento. Un dialogo tra legali e informatici appare necessario per rendere il Code sensibile alla Law a sostegno del business.

Grandissima attualità per gli operatori economici stanno rivestendo gli smart contract, la blockchain e le cryptocurrency. Persino una società come VISA sta sviluppando soluzioni volte a favorire e semplificare le operazioni negoziali transnazionali, rendendole al contempo sicure e svincolate da costi di intermediazione.

Gli smart contract, come noto, sono protocolli informatici – basati su codici crittografici – che facilitano, verificano o fanno rispettare una negoziazione o un contratto e che, secondo i sostenitori più ottimisti (dai quali prendiamo le dovute distanze), renderebbero superfluo il ricorso a un contratto tradizionale.

I pro di tali strumenti sono la stabilità dell’architettura, la pubblicità, l’immodificabilità e certezza del codice. Così per esempio, appena la merce spedita arriva a destinazione, avviene automaticamente il pagamento. Il risparmio in termini di tempi e costi di intermediazione è evidente.

Alla base dello smart contract vi è la block chain, una catena di blocchi che vengono verificati dal sistema (la cui architettura crittografica è lo smart contract), in cui la verifica positiva della realizzazione di tutte le condizioni previste per il singolo blocco consente il passaggio a quello successivo.

Tale sistema, per la sua immediatezza e rigidità, presenta delle possibilità applicative interessanti per tutte quelle transazioni caratterizzate da immediatezza. Il sistema di pagamento delle cryptovalute, infatti, azzera il rischio di insolvenza, considerato che i fondi contenuti nel “wallet” creato per accedere allo smart contract vengono congelati dal sistema una volta immessi i dati della negoziazione.

La certezza e l’affidabilità del sistema, inoltre, consentono applicazioni anche in contesti in cui l’aspetto negoziale è meno evidente, come nel pagamento dei diritti d’autore nell’industria discografica: uno smart contract consentirebbe alle emittenti di corrispondere all’autore i diritti contestualmente alla messa in onda del brano evitando i costi di società di intermediazione.

È stato prospettato, ma non ancora realizzato, l’utilizzo dello smart contract per le aziende di trasporti. Grazie alla verifica immediata di una modifica sul registro della motorizzazione civile, verrebbe previsto il blocco del mezzo di trasporto a colui che ha subito la sospensione della patente.

Pertanto, lo smart contract si presta a una serie di opportunità che meritano di essere considerate e sfruttate dalle imprese, senza trascurare tuttavia le criticità che presenta tale soluzione, vista l’immutabilità del sistema che non consente interventi correttivi a posteriori. Inoltre, non essendo contemplata l’ipotesi di errore da parte del sistema, sarà quindi opportuno preventivo intervento del consulente legale affinché possa integrare le lacune dello smart contract e rimediare alle eventuali falle del sistema ricorrendo necessariamente al contratto tradizionale.

Non si può infatti fare a meno di evidenziare come, innanzi ai primi casi di errore nel caricamento dei dati e di richiesta di rettifica dei dati immessi, il sistema che amministra la block-chain abbia chiarito che si tratta di rischi negoziali che le parti devono preventivamente valutare perché una volta creato lo smart contract gli effetti prodotti, seppure negativi, sono vincolanti.

Tuttavia, caricare sul sistema previsioni specifiche per tutte le ipotesi che possono astrattamente verificarsi, perché non è ammessa alcuna rettifica, determina in capo alle parti dei costi di creazione dell’architettura che finiscono per rendere poco smart tale soluzione. I limiti e le criticità dello smart contract sono ancora più evidenti nell’ambito dei rapporti commerciali di durata, dove la probabilità che si verifichino delle variabili non preventivabili è molto più elevata rispetto ai rapporti “istantanei”. Se in tali casi si ricorresse allo smart contract, senza prevedere un contratto tradizionale alla base dei rapporti commerciali, i costi di negoziazione e di creazione dell’architettura sarebbero estremamente elevati per gli operatori economici.

Del resto “The Law” è ben più antica e complessa del “Code”, lascia spazio all’interpretazione ed è adattabile a tante situazioni anche atipiche. Ma se “the Code is the law”, come sostengono gli smart contractor, allora per ogni contratto il codice deve prevedere l’intera disciplina applicabile, senza possibilità di rimandi.

Come si può rimediare se la merce spedita e giunta a destinazione presenta dei vizi e difetti ma il pagamento è già stato eseguito? In caso di disputa, come determino la legge applicabile? Il codice crittografico è ammesso dall’ordinamento ai fini della validità di un contratto anche quando è prevista la forma scritta ad substantiam?

Le clausole di “buona fede”, “forza maggiore”, “diligenza”, “caso fortuito” come vengono interpretate dal sistema?

E come comportarsi in presenza di un sistema statico che, tuttavia, potrebbe presentare delle falle? Venerdì 17 giugno 2016 DAO, la piattaforma della Ethereum Foundation, è stata attaccata sulla base di un bug presente nel sistema che consentiva, al verificarsi della creazione di una DAO-figlia, il drenaggio un certo quantitativo di token che, secondo il tasso di cambio al momento dell’attacco, ammontava a circa 60 milioni di dollari. L’attacco è stato fatto rispettando le regole (incomplete) del sistema, pertanto, nell’ottica del sistema, era un valido smart contract e il sistema stesso ha consentito l’immediato spostamento dei token dal DAO alla DAO-figlia. La risposta dei programmatori, che per i puristi della Rete costituisce un pericoloso precedente, è stata quella di creare una nuova piattaforma su cui spostare tutte le transazioni, rendendo il sistema non poi così immutabile come è stato fatto credere agli operatori.

Attualmente, anche le istituzioni interpellate, come il Parlamento Europeo, hanno mostrato un approccio cauto volto a non limitare le potenzialità del sistema che è ancora in fase di sviluppo, ma, a nostro avviso, è opportuno affrontare tale novità sempre con senso critico alla luce dei limiti appena evidenziati.

Dal nostro punto di vista, in questa fase di “sperimentazione” del sistema, suggeriamo agli operatori che volessero ricorrere alla block chain, di non affidarsi esclusivamente allo smart contract ma di affiancare tale strumento con un contratto classico che, invece, disciplini gli aspetti che necessitano di flessibilità e adattamento. Un dialogo tra legali e informatici appare necessario per rendere il Code sensibile alla Law a sostegno del business.