Gli Stati membri dell’Unione europea hanno votato a favore della direttiva storica che impone alle aziende di controllare le catene di fornitura per verificare la presenza di pratiche ambientali e lavorative scorrette. La ormai famosa Csddd o Cs3d, approvata il 15 marzo con il voto a favore dei membri dei governi nazionali dell’Ue. Una legge meno stringente rispetto al testo emerso a dicembre 2023, ma che secondo molti attivisti e ambientalisti è un passo importante. Rimangono le critiche delle associazioni come Business Europe che temono impatti su Pmi.
Approvazione a fatica
Per approvare la direttiva sulla due diligence di sostenibilità aziendale era necessaria una “maggioranza qualificata” di 15 Paesi dell’Ue che rappresentassero il 65% della popolazione dell’Unione. Secondo quanto si apprende da diverse fonti diplomatiche, la maggioranza qualificata necessaria in COREPER è stata ottenuta attraverso intensi sforzi e notevoli compromessi dell’ultimo momento, negoziati dalla Presidenza belga del Consiglio Ue.
Un compromesso che al momento riduce di fatto l’applicazione della normativa a un numero di aziende inferiore rispetto a quelle potenzialmente interessate in origine, che sono più grandi e secondo coloro che hanno proposto questa variazione maggiormente in grado di fare fronte agli oneri di monitoraggio delle supply chain che la normativa richiede.
Cosa cambia nella nuova versione
Il perimetro di azione della normativa, come detto, si restringe. Invece di considerare le aziende attive in area Ue con più di 500 dipendenti e un fatturato globale netto di più di 150 milioni di euro, come la versione iniziale, il Consiglio Europeo ha approvato un testo nel quale la Direttiva si focalizza sulle aziende con più di 1.000 dipendenti e con un fatturato globale netto di almeno 450 milioni di euro. Il compromesso va incontro ai dubbi e alle resistenze che soprattutto in quest’ultimo periodo avevano visto una convergenza di interessi da parte di Germania, Francia e Italia nel criticare la bozza precedente, colpevole secondo questi paesi di imporre regole troppo finanziariamente onerose.
Questa variazione si stima abbia prodotto una riduzione ampiamente superiore al 50% nel numero delle aziende interessate dalla Csddd, sulla base dell’accordo raggiunto a dicembre 2023. La nuova bozza elimina anche le disposizioni sulla responsabilità civile e l’impegno a comprendere aziende attive in settori ad alto rischio, per includere progressivamente le imprese non Ue che generano almeno 20 milioni di euro nel mercato dell’Ue con la produzione o con il commercio in ambiti come costruzioni, tessile e calzature, agricoltura e agroalimentare.
Quello da molti definito come Supply Chain Act, è tuttavia un segnale importante in termini di responsabilizzazione delle imprese a livello di catene di fornitura, che riconosce, pur tra molti limiti, l’importanza di iniziare in modo stabile e affidabile a monitorare i processi e i passaggi che dalla produzione portano i prodotti e i servizi sul mercato. Una direttiva coerente che si possa applicare all’Unione europea, può lasciando margini per una attuazione ai paesi membri, rappresenta un passo di prevenzione della frammentazione normativa.
Reazioni e prossimi passi
Reagendo all’accordo del 15 marzo, il direttore generale di Business Europe, Markus J. Beyrer, associazione di categoria tra le più critiche della direttiva, ha dichiarato che le nuove norme sulla due diligence aggiungeranno obblighi senza precedenti, stabiliranno dure sanzioni con potenziali implicazioni esistenziali per le aziende e le esporranno unilateralmente a controversie legali da ogni parte del mondo. Secondo Beyrer, anche le Pmi saranno colpite negativamente in quanto costituiscono la maggior parte delle catene del valore. Il margine di approvazione e l’astensione di 10 Stati membri, che rappresentano oltre il 31% della popolazione dell’UE, dimostrano che questo compromesso non è totalmente condiviso e permangono le preoccupazioni, come sottolinea Beyrer. Dall’altra parte, secondo attivisti e ambientalisti, pur se insufficiente questa legge va nella direzione giusta.
Il percorso della Csddd non è comunque giusto al termine e la Direttiva con le nuove regole deve essere approvata dal Parlamento Europeo, probabilmente ad aprile e in ogni caso prima delle prossime elezioni europee previste per il mese di giugno. Le norme devono ancora essere votate dagli eurodeputati ma l’approvazione del Consiglio è vissuta por certi versi come una vittoria nella lotta per rendere le aziende responsabili nei confronti delle persone e dell’ambiente, e un passaggio cruciale verso un’economia più equa che permetta un maggiore rispetto dell’ambiente nel futuro. Un passaggio fondamentale per rendere tutta l’Unione europea più sostenibile a partire dalle sue aziende.
Temo purtroppo che “la montagna abbia partorito un topolino”…che..tra l’altro presto potrebbe dover ingerire del “topicida”…con le prossime elezioni europee e poi nelle applicazioni nei singoli paesi…