Diversi leader aziendali richiedono un accordo industriale europeo volto a migliorare la competitività, per rendere l’energia più economica, ridurre la burocrazia e aumentare i finanziamenti per le tecnologie pulite. Oltre alla riduzione delle emissioni Scope 3, c’è anche la necessità di affrontare il greenwashing attraverso nuove norme per la transizione verde.
Richiesta di sussidi in Europa
Oltre 70 leader aziendali e industriali richiedono all’Unione Europea di introdurre un accordo industriale europeo per aumentare la competitività. Le richieste principali sono per rendere l’energia più economica, ridurre la burocrazia e aumentare i finanziamenti per le tecnologie pulite. L’obiettivo è fare in modo che competitività delle imprese sia strategica, attraverso una strategia energetica che riduca i costi, rafforzando la sicurezza delle materie prime e la domanda di prodotti a basse emissioni di carbonio.
I settori della chimica, dell’acciaio e del cemento sono tra i più difficili da decarbonizzare e dovranno fare affidamento su tecnologie come l’idrogeno verde e la cattura del carbonio per ridurre le emissioni in linea con gli obiettivi di zero emissioni nette. L’UE sta affrontando crescenti critiche da parte degli agricoltori e dovrà riuscire a navigare in queste critiche ricercando soluzioni che non compromettano gli impegni in materia ambientale, soprattutto ribadendo la necessità di catene del valore e di approvvigionamento verdi e trasparenti.
Percorso Scope 3
Secondo un report di BayWa r.e. le imprese europee sono pronte a contribuire alla transizione verso le energie rinnovabili. L’80% ha già una strategia per l’energia verde, ma quasi la metà (48%) delle imprese ha appena iniziato il percorso. Nonostante questi progressi, esistono ancora una serie di ostacoli che impediscono alle imprese di raggiungere i loro obiettivi in materia di energia verde e un quarto dei dirigenti d’azienda europei dichiara che la disponibilità di forniture e infrastrutture per l’energia verde è la principale barriera, citando i fattori di costo come seconda e terza sfida. In questo contesto, il percorso verso la riduzione delle emissioni Scope 3 derivanti dall’acquisto di beni e servizi aumenta il ruolo del procurement nel ridurre l’impatto ambientale della catena del valore: si stima che in alcune occasioni fino al 90% delle emissioni di un’organizzazione deriva dalla sua catena di approvvigionamento.
L’UE si sta impegnando per introdurre una legislazione che vieti l’importazione di prodotti che non sono in grado di certificare l’assenza di deforestazione nella loro supply chain, un indirizzo che rende sempre più importante conoscerne l’origine. Ma servono piani chiari per affrontare il problema e questo è vero soprattutto per la categoria 1, che riguarda i beni e i servizi acquistati e rappresenta tra il 35% e il 40% delle emissioni Scope 3 a seconda del settore, come scrive Cpo Strategy. Questo richiede dati accurati e un impegno significativo con i fornitori, ma oltre all’impegno del top management, la funzione procurement deve essere potenziata al fine di implementare solide tecniche di gestione e misurazione. Un percorso che richiede una strategia mirata e vede oggi molte aziende richiedere aiuto all’Europa per rimanere competitive.
Transizione e greenwashing
Nuove norme rafforzeranno sempre più i diritti dei consumatori modificando la direttiva sulle pratiche commerciali sleali (Unfair commercial practices directive, Ucpd) e la direttiva sui diritti dei consumatori (Customer rights directive, Crd) per adattarle alla transizione verde e all’economia circolare. In particolare, la proposta della Directive Empowering Consumers for the Green Transition through Better Protection against Unfair Practices and Better Information, chiamata anche Greenwashing directive, è stata approvata in via provvisoria dal Parlamento europeo e punta a ridurre il rischio di greenwashing, facendo seguito al Green Deal europeo. La direttiva è parte di un pacchetto di quattro proposte, insieme al regolamento sulla progettazione ecocompatibile e alle proposte di direttiva sulle dichiarazioni ecologiche e sulla promozione della riparazione.
In sostanza la direttiva proteggerà i consumatori dalle affermazioni green fuorvianti comprese le affermazioni false o imprecise sulla compensazione delle emissioni di carbonio. Chiarirà inoltre la responsabilità delle aziende in caso di informazioni sull’obsolescenza anticipata, aggiornamenti software non necessari o obbligo ingiustificato di acquistare pezzi di ricambio dal produttore originale. La direttiva è volta migliorare la trasparenza e la sostenibilità, dotando di maggiori informazioni i consumatori per aiutarli a fare scelte circolari ed ecologiche. Ad esempio, i prodotti in tutta l’UE recheranno un’etichetta armonizzata con informazioni sulla garanzia commerciale di durabilità. Nuove norme che richiedono anche un maggiore impegno per le imprese, chiamate spesso a destreggiarsi in una burocrazia non indifferente ma importante.