Secondo il Financial Times, le case automobilistiche tedesche stanno pensando di creare scorte di chip per evitare in futuro un altro blocco della produzione come quello appena vissuto. Questo significa rivedere il modello di supply chain “just in time”, usata per decenni e che punta a ridurre la necessità di immagazzinare livelli eccessivi di materiali in un magazzino. Mercedes Benz e Porsche, nello specifico, hanno dichiarato al Financial Times che stanno valutando la possibilità di cambiare strategia proprio per evitare ancora una situazione di stallo.
“Dobbiamo pensare ad aumentare le scorte”, ha detto Oliver Blume di Porsche “ma le scorte costano denaro, quindi questa è l’ultima opzione da prendere.” Mentre Ola Källenius di Daimler ha dichiarato: “Se in futuro avrà senso avere delle scorte di sicurezza, allora lo terremo in considerazione”.
Con l’avvento della pandemia e una domanda prevista in calo per la maggior parte del 2020, le case automobilistiche e i loro fornitori avevano ridotto il loro inventario. Ma l’improvvisa ripresa delle vendite globali di auto verso la fine dello scorso anno, ha portato a una carenza di componenti. Come già sappiamo, infatti, le scorte erano state quasi totalmente utilizzate dalle aziende tecnologiche produttrici di consolle, laptop e televisori vista l’impennata della domanda dovuta al lockdown e lo smart working.
Nelle ultime settimane, Volkswagen, General Motors, Nissan e Honda sono state costrette a fermare gli stabilimenti o a rallentare la produzione poiché le componenti scarseggiavano o addirittura non erano disponibili. Ford addirittura ha stimato che potrebbe perdere fino a un quinto della produzione nel primo trimestre, poiché è stata costretta a tagliare la produzione del suo pick-up F-150 più venduto.
Il settore è pronto per nuove interruzioni nelle prossime settimane mentre i fornitori si affrettano a evadere i propri ordini.
L’azienda IHS, fornitrice di informazioni globali, ha scoperto anche che le carenze registrate interessavano principalmente le consegne di microcontrollori, minuscoli chip che alimentano dai sensori di parcheggio agli airbag fino ai sistemi di intrattenimento e che circa il 70% di questi sono realizzati da una singola azienda: la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), di cui abbiamo parlato anche qualche settimana fa.
Il mese scorso, infatti, il ministro dell’economia tedesco, Peter Altmaier e anche altri paesi, tra cui Giappone e Stati Uniti, avevano fatto pressioni su Taipei per aiutare ad alleviare la carenza.
Nuovi blocchi nella produzione
General Motors fermerà la prossima settimana i siti produttivi di Fairfax in Kansas, Ingersoll in Ontario, San Luis Potosi in Messico mentre le due strutture di Bupyeong in Corea del Sud lavoreranno alla metà delle proprie capacità. Ford ha deciso di interrompere fino al 19 febbraio le attività produttive in Germania e si prepara a ridurre i turni per una decina di giorni negli impianti americani dove vengono assemblati i pick-up. Nissan, invece, ha fermato le linee di montaggio della Note ibrida.
Secondo STMicroelectronics , la multinazionale italo-francese di semiconduttori, “ci vorranno almeno due trimestri prima di adeguare la capacità produttiva e tornare alla normalità”. STM ha tra i suoi clienti Tesla, Continental e Bosch, e per rispondere all’emergenza ha messo in piedi una task force, un gruppo di manager e tecnici, che si impegna per non paralizzare la produzione di molti grandi costruttori anche perché con la digitalizzazione ed elettrificazione delle automobile, la richiesta di semiconduttori aumenterà in modo strutturale nei prossimi anni.