L’importanza della gestione delle questioni ambientali, sociali e di governance aumenta, insieme alle sfide per garantire programmi di approvvigionamento responsabile resilienti.

Secondo una nuova ricerca di Supply Chain ESG Risk Ratings di Elevate, che misura lo stato dell’arte dei fattori di rischio ESG lungo le supply chain di tutte le latitudini, diversi mercati occidentali sono in peggioramento e fanno registrare un rischio più elevato. Cina, Tailandia, Messico, Indonesia e Vietnam presentano indici di peggioramento relativi alla trasparenza in una fase di progressivo decoupling.

Il quadro del rischio in trasformazione

L’analisi abbraccia 38 categorie di indici di rischio ESG della supply chain, compilati attraverso più di 20.000 audit promossi annualmente. La scala di rischio elaborata da Elevate comprende un range basso, medio, alto ed estremo. E nel recente report viene sottolineato che circa la metà dei mercati produttivi è nella categoria di rischio “alto”. Il che significa, riprendendo le parole del documento, che negli stessi “è altamente probabile che si verifichino eventi di rischio che contravvengono ai quadri di governance ESG, compresi quelli supportati dal diritto locale e internazionale”. Per violazioni che variano dal degrado ambientale al lavoro minorile.

Gli autori del rapporto Elevate hanno affermato di aver trovato particolarmente preoccupante soprattutto il deterioramento registrato nei punteggi statunitensi e occidentali in generale. “Tra le molte conclusioni che si possono trarre dal nostro aggiornamento dei rating del rischio ESG della catena di approvvigionamento del 2023, forse la più importante è che l’Occidente – a lungo considerato un rifugio sicuro per i suoi migliori standard di produzione – è ad alto rischio”, afferma il rapporto.

Lavoro forzato tema sempre più centrale

Il declassamento degli Stati Uniti rispetto all’anno precedente, in particolare, è legato alle forme più gravi di rischio ESG, ovvero relative al trattamento dei minori. Nella classifica dello scorso anno, gli Stati Uniti rappresentavano un rischio della catena di approvvigionamento “medio” nella scala Elevate, mentre per questa rilevazione registrano un rischio elevato. Un declassamento che segue mesi di rivelazioni riportate per la prima volta dal New York Times secondo cui le aziende hanno assunto minori di appena 12 anni per lavorare in condizioni pericolose.

Con gli Stati Uniti che hanno ottenuto risultati peggiori nell’ultima valutazione, circa la metà dei mercati globali sono ora considerati ad alto rischio. Mentre paesi come Regno Unito, Germania, Portogallo e Italia continuano a presentare un rischio generale “medio” nelle loro catene di approvvigionamento, sono considerati ad alto rischio in categorie come il lavoro minorile e le violazioni legate ai salari, l’esposizione ai rischi associati ai lavoratori migranti e a trattamenti inumani sul posto di lavoro.

Italia, Spagna, e Grecia hanno visto un aumento del rischio associato al lavoro forzato in settori come l’agricoltura, l’edilizia e il lavoro domestico. “Questi paesi spesso fungono da punti di ingresso per migranti e rifugiati provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, che sono altamente vulnerabili allo sfruttamento a causa del loro status irregolare e dell’accesso limitato alla protezione sociale e legale”, afferma il rapporto.

Figura 1. Forced Labor Index per l’Europa occidentale. Fonte: Supply Chain ESG Risk Ratings.

Più trasparenza e due diligence

Il Forced Labor Index si basa su casi di non conformità associati al lavoro forzato, ai documenti di viaggio conservati e alle detrazioni o ai depositi; ai risultati delle rivelazioni governative sui casi di lavoro forzato; e a divulgazioni aggregate attraverso uno strumento di scansione dei media. Ma diversi problemi sono anche relativi, come detto, al lavoro minorile, ai gap nei salari e a trattamenti inumani.

Viste le proposte normative europee, tra cui la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), tutti questi temi complessi saranno da affrontare con più dedizione. Intanto, però, si registra anche un calo nella trasparenza nonostante la continua richiesta di misurazione di criteri ESG. Paradossalmente, quindi, sta diventando sempre più difficile raccogliere dati su tali violazioni per gli ostacoli alla visione di dati relativi alle condizioni di lavoro e alle questioni ambientali, ha rilevato il rapporto Elevate.

Un approccio basato sul rischio alla due diligence ESG della supply chain e un rigoroso programma di audit sono fondamentali per la gestione delle catene di approvvigionamento nelle giurisdizioni a rischio più elevato. La trasparenza degli audit, definita come la capacità dei revisori di accedere alle informazioni durante i processi di valutazione del rischio, non è ancora tornata ai livelli pre-pandemia, nonostante i miglioramenti apportati negli ultimi mesi. È tempo che ciò accada per prevenire i rischi di dure ripercussioni e creare le condizioni per un futuro migliore nel sourcing.