di Alice Nicole Ginosa
La Cina si sta lentamente riprendendo dopo essere riuscita a debellare il virus. E in questo momento di rinascita ha inaugurato la fase del revenge spending, letteralmente “la spesa della vendetta”. Dopo settimane in cui la spesa era concentrata su beni di prima necessità, ora la popolazione cinese si vuole vendicare e consolarsi con spese “superflue”.
I contagi in Cina iniziano a dicembre a Wuhan e l’11 gennaio avviene il primo decesso cinese per coronavirus dopo che il 31 dicembre le autorità cinesi hanno informato l’Organizzazione Mondiale della Sanità che nella città di Wuhan si sono verificati casi di polmonite dalla causa sconosciuta. Il 7 gennaio le stesse autorità cinesi confermano l’identificazione di una nuova tipologia di virus, un coronavirus, della stessa famiglia di influenza, Sars e Mers.
Il 20 gennaio il presidente cinese XI Jinping fa la prima dichiarazione ufficiale e globale nella quale chiede uno sforzo comune per arginare la diffusione del virus. Nel frattempo quel nuovo virus, il Covid-19, si propaga in tutto il mondo. Il 30 gennaio l’Oms dichiara che il coronavirus è un’emergenza sanitaria globale ma non viene posta alcuna restrizione ai viaggi e spostamenti. In questa stessa data vengono registrati i primi due contagi in Italia, i primi di una lunga serie che porteranno il governo italiano il 9 marzo dichiara tutta Italia zona rossa. Poco dopo l’Oms inizia a parlare di Pandemia. A Wuhan, epicentro della pandemia, il 20 marzo non si sono verificati per il secondo giorno consecutivo casi positivi, mentre in tutta la Cina solo 39 casi “importati” da altri paesi e 3 decessi.
La Cina risponde con la revenge spending
Il 20 marzo le cifre della pandemia in Cina si assestano a 80.967 casi confermati di cui oltre 6.500 ancora sotto trattamento medico, 3.248 decessi e 71.150 persone guarite, l’87,8%. Numeri che fanno pensare e che ci danno una speranza oggi anche qui in Italia in cui siamo nel pieno della pandemia e numeri continuano a crescere.
In tutta risposta al virus, la Cina ha reagito. I negozi e le catene, con le dovute precauzioni stanno riaprendo e le persone per fare shopping, o meglio, revenge spending, si riversano per le strade.
Se qui a Milano le lunghe code si fanno davanti ai supermercati e a quei pochi negozi per accaparrarsi i beni di prima necessità durante la quarantena, in Cina sta avvenendo proprio il contrario.Le code si fanno per fare spese, per riprendere una boccata di aria fresca, per vendicarsi del virus.
Il quotidiano China Daily in perfetto clima di rinascita ha pubblicato un articolo sulle liste di “cose da fare per riprendersi”. Tra queste viaggiare, mangiare in un ristorante, festeggiare e fare shopping. Il Paese sembra essere tornato alla quasi normalità salvo le restrizioni ancora attive per chi torna dall’estero e per le province dell’Hubei e di Wuhan. Il 70% delle attività economiche hanno ripreso e gli analisti ritengono che i due settori in ripresa saranno il turismo e il lusso.
Le aziende italiane, ancora fortemente colpite, devono tenere presente che questa è una grande occasione per il nostro Made in Italy perché saranno proprio i cinesi a tornare a comprarlo.