Abbiamo già parlato nelle scorse settimane di come il Covid-19 stia avendo forti ripercussioni anche sul settore automotive. A quanto pare si sta vivendo una carenza di processori, memorie, semiconduttori e componenti elettroniche e i costruttori si trovano con le mani legate e nella condizione di non riuscire a portare a termine la produzione. Per limitare i danni, in alcuni casi, si stanno sfruttando anche le scorte di magazzino per dare precedenza alle tipologie di auto più redditizie, ciò nonostante, un intero settore si trova in una fase di stallo.

Per identificare le cause di questa crisi dobbiamo tornare indietro, a marzo 2020 quando, in piena pandemia, la domanda di queste componenti era drasticamente calata. Con il passare dei mesi, però, sono comparsi due nuovi elementi: da una parte l’aumento graduale di componenti elettroniche da parte delle case automobilistiche e, dall’altra, l’aumento delle vendite delle apparecchiature elettroniche come pc, smartphone, tablet – anche a causa dell’impennata dello smart working. Come se non bastasse, a peggiorare le cose ci ha pensato l’incendio divampato nello stabilimento di uno dei principali fornitori di semiconduttori, Asahi Kasei, a Nobeoka in Giappone.

La Germania chiede aiuto a Taiwan per i chip

L’offerta globale di semiconduttori si è ridotta all’osso e il settore automotive, al momento, si trova in ginocchio: la dipendenza nei confronti della componentistica elettronica la rende estremamente vulnerabile. A questo proposito la Germania, negli ultimi giorni, ha richiesto urgentemente aiuto a Taiwan, attraverso la figura di Wang Mei-hua – la ministra dell’Economia dell’Isola cinese. L’obiettivo della richiesta è di fare pressione alle imprese del campo affinché aiutino il paese europeo a superare questa fase di blocco. Sembrerebbe che  la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, colosso della produzione di chip conto terzi, abbia accettato la sfida e sia favorevole a ottimizzare il processo di produzione dei chip e dare una mano alle case automobilistiche tedesche. Secondo i dati del 2020, l’azienda taiwanese ha dedicato il 3% della sua produzione dello scorso anno all’automotive e un consistente 48% alla telefonia.

Questa è solo una delle iniziative intraprese dal governo tedesco che si sta muovendo su diversi fronti. A quanto pare, per ridurre le dipendenze dai fornitori asiatici e problemi simili in futuro, Berlino sta anche pianificando di aumentare il sostegno pubblico alla produzione di semiconduttori in Germania e in Europa.

Ford, Toyota, Nissan e Volkswagen tagliano la produzione di gennaio

Dopo che Ford, Toyota e Nissan avevano fatto sapere che nel mese di gennaio avrebbero tagliato la produzione locale per mancanza di componenti elettroniche dalla Cina, si è aggiunta anche Volkswagen che, attraverso le parole del responsabile delle operazioni in Cina, ha confermato che dovrà rinunciare alla produzione di decine di migliaia di auto.

La problematica dei chip potrebbe prolungarsi per molto tempo e, in realtà, non è così nuova. Secondo l’azienda di consulenza Automotive Foresight di Shanghai la Cina si è sempre affidata all’importazione di chip anche da altri Stati come Europa, Stati Uniti, Malesia, Giappone e Corea del Sud. Il blocco della produzione causato dal Covid-19 ha ridotto la fornitura di chip al mercato cinese e ciò ha contrastato con la ripresa della sua industria automobilistica dopo la fine della pandemia.

Il 12 gennaio Toyota ha comunicato la chiusura del proprio stabilimento a Guangzhou, che si va ad aggiungere al taglio della produzione di gennaio del 30% per la durata del blocco forzato e allo stop per le linee di lavorazione del modello Tundra negli impianti di San Antonio in Texas.

Ford ha chiuso temporaneamente le produzioni a Louisville mentre Nissan ha ridotto la sua produzione nello stabilimento giapponese di Oppana, dove viene costruita la Note e Fiat Chrysler (ora Stellantis) ma ha anche bloccato temporaneamente l’attività nell’impianto canadese di Brampton e in quello messicano di Toluca.

Volkswagen ha annunciato infine di aver riscontrato problemi di fornitura a dicembre, affermando che “aveva bisogno di adattare la produzione” nelle fabbriche che assemblavano modelli basati sul telaio con il nome in codice “MQB”, utilizzato da modelli popolari come Golf e Jetta. In una conferenza stampa, Stephan Wollenstein, ha sottolineato che i chip mancanti per Volkswagen sono proprio quelli necessari per il sistema di controllo elettronico della stabilità delle auto e che le chiusure degli stabilimenti sono costate la produzione di circa 50.000 auto. Questo pone l’accento su come un singolo chip sia estremamente importante e come possa effettivamente bloccare un’intera filiera. Nel suo intervento Wollenstein ha confermato che la crisi è probabile che durerà anche nel primo trimestre del 2021.

 

Webinar jaggaer